lunedì, dicembre 29, 2008

Terme in montagna: benessere nelle Alpi

Il settore del benessere in montagna negli ultimi anni è in forte crescita. Digitando la chiave di ricerca "benessere" su Google, il motore di ricerca suggerisce infatti associazioni con Trentino e Alto Adige, regione che però non ha acque termali calde. Essì perché il bello delle Alpi retiche è proprio quello di avere diverse fonti termali calde. Vuoi mettere con le terme vere!
Solo in Engadina e in Valtellina ci sono ben quattro località termali: St. Moritz, Scuol, Bagni di Masino e Bormio. Un tempo esisteva una rinomata fonte di acqua ferrugginosa anche a Santa Caterina Valfurva, ma purtroppo in seguito ad alcuni lavori di ampliamento della pista da sci limitrofa alla torbiera da cui sgorgava, il percorso dell'acqua deviò e non si riuscì più a ritrovarla.

Risalendo la Valtellina, all'altezza di Ardenno si diparte sulla sinistra la statale per la Val Masino, cupa valle alpina già ricordata da Salvatore Quasimodo. Si arriva ai Bagni di Masino salendo per una strada tortuosa che corre lungo uno dei pochi torrenti non ancora imbrigliati dalle opere delle centrali elettriche, circondati da pini ed abeti. Si giunge infine in un una conca, circondata da pareti imponenti e incombenti e ci si trova immersi in un'atmosfera d'altri tempi. Il vecchio albergo ha un'aria délabré piena di fascino, peccato sia aperto solo d'estate. Le terme sono più moderne così come il vecchio edificio recentemente ristrutturato. L'acqua sgorga dalla montagna a circa 38° C ed il luogo è il posto ideale per rilassarsi e godere della gran quiete del sito, isolati dal mondo perché per fortuna il cellulare non prende e bisogna fare capo al vecchio telefono fisso dell'albergo.

Bormio è località fin troppo nota per le sue terme. Già ho detto delle fonti storiche che ne parlano, di Plinio, Cassiodoro e Leonardo, ora parlerò invece delle differenze tra i tre stabilimenti termali. Bormio Terme è uno stabilimento termale moderno adatto ai bambini e alle famiglie: si spende relativamente poco e si possono godere dei bei momenti nelle grandi piscine o sugli scivoli. Peccato però che venga aggiunto cloro all'acqua termale.


Un vero tempio del benessere sono invece i Bagni Nuovi sulla strada per Livigno e i Bagni Vecchi verso lo Stelvio. Ai Bagni Nuovi domina l'atmosfera ovattata fin de siècle, abbinata al lusso dell'unico albergo a 5 stelle della valle: in pochi anni è diventato la beauty farm più esclusiva d'Italia. I Bagni Vecchi sono unici, arroccati su uno sperone di roccia a strapiombo sull'Adda, fascinosissimi, con una vista mozzafiato sulle montagne innevate di fronte. Vi si coglie un'atmosfera d'altri tempi che ha fatto di questo luogo una delle mete più note della Valtellina. In entrambe le strutture ci si può accedere anche solo come ospiti delle terme, ma per godersele al meglio è bene farlo durante la settimana, evitando le feste comandate in cui c'è davvero troppa gente ed anche prezzi più alti.

Attraversate le Alpi si giunge a St. Moritz, la capitale del turismo delle Alpi. Qui le terme sono terme un po' per modo di dire perché c'è solo una sorgente ferrugginosa, con la quale però i nostri vicini svizzeri sanno fare miracoli: del resto il turismo alpino è nato proprio qui più di cento anni fa.

Scendendo verso l'Engiadina Bassa (come si dice in Romancio) si trova infine Scuol, un villaggio con grandi case in muratura dalle facciate dipinte e la chiesa con il campanile a punta, come nelle cartoline di Natale o nei cartoni animati di Heidi. Qui una ventina d'anni fa il comune ha costruito un moderno stabilimento termale, ancor oggi perfettamente lindo e ben tenuto. La parte che più mi piace è la vasca circolare all'aperto, dove farsi trascinare dalla corrente con una vista impareggiabile sulle montagne. Nei dintorni di Scuol sgorgano più di 20 sorgenti termali, alcune delle quali sono utilizzate anche a Bad Tarasp Vulpera, un villaggio che sorge sopra una stretta gola dell'Inn e dominato da un suggestivo castello.

domenica, dicembre 28, 2008

Epifania a Bormio. Gabinát

Da un po' di tempo non parlo più di Bormio e delle sue vecchie usanze. Passato il Natale, ormai imminente il Capodanno, la stagione si avvia all'Epifania e con questa alla costumanza più singolare della Magnifica Terra: il gabinát.

Questo vocabolo dialettale deriva da Nacht der Geben che in tedesco significa notte dei doni. Dai vespri della vigiglia fino a quelli dell'Epifania, si scatenava infatti una specie di lotta tra gli abitanti dell'alta Valle a chi diceva per primo gabinat. Il vincitore aveva diritto ad un regalo che doveva essere pagato prima del 17 gennaio, festa di Sant'Antonio, quando iniziava il Carnevale.

L'usanza del gabinát è presente anche in altri paesi vicini. A Livigno si dice però Bondì gibinèt, a Semogo ghebinèt, a Cepina e in Valfurva gabinèt.

mercoledì, dicembre 10, 2008

Vacanze di Natale in montagna. Sconti

Come tutti gli anni trascorreremo le vacanze di Natale in montagna... c'erano dubbi? Eccoci come al solito a caccia delle migliori opportunità in termini di prezzo offerte dal territorio della provincia di Sondrio.

La Valtellina offre infatti moltissime possibilità per una vacanza sulla neve. Tra l'altro per chi risiede in provincia anche quest'anno a Santa Caterina c'è la possibilità di usufruire di uno sconto del 50% non solo sul prezzo del giornaliero, dell'antimeridiana e della pomeridiana, ma anche sulle tessere per più giorni non consecutivi.

Quest'anno la neve non manca di certo. Infatti molte stazioni sciistiche hanno aperto in anticipo. A Bormio si scia dai primi di novembre, anche Livigno ha aperto i battenti in anticipo con giornate di sci gratis. Il prossimo sabato 13 dicembre all'Aprica si scierà gratis. Chiesa in Valmalenco punta invece sugli studenti e sulle famiglie numerose, che usufruiscono rispettivamente di uno sconto del 25% e del 50%.
Approfittiamone...

sabato, novembre 29, 2008

Anni del terrorismo e delle stragi in Italia

Un capannone della fiera gremito da 1500 studenti... e non si sente volare una mosca. Sembra un'immagine surreale della scuola italiana, eppure è quello che è successo oggi a Morbegno. Mario Calabresi, Manlio Milani e Benedetta Tobagi (in ordine di apparizione) assieme al giornalista del Corriere Giangiacomo Schiavi hanno tenuto il pubblico inchiodato per due ore, nella rievocazione di un periodo chiave per leggere e comprendere la nostra storia recente e l'Italia attuale, quello degli anni Settanta, in cui stragi e terrorismo hanno rischiato di mettere in ginocchio il paese.

Ognuno dei tre relatori ha dato un messaggio forte: di Benedetta Tobagi mi ha colpito la freschezza, la spinta positiva a ritrovare delle radici che servano per guardare avanti, non solo per sé ma per tutti. Una donna di 31 anni che parla a giovani di 18-19 e dà loro una carica contagiosa. Mario Calabresi ha una capacità non comune di raccontare e raccontarsi, di avvincere l'uditorio nella narrazione. E' una narrazione personale, calda, mai faziosa e nemmeno astiosa. Due giovani che hanno rapito i giovani, e non solo loro ...

... e un vecchio, un vecchio operaio, Manlio Milani, che non è noto al grande pubblico per il fatto di portare un cognome (e dietro a questo una vicenda personale) "pesante". Ma non meno pesante è il peso dell'anonimato delle stragi, con le loro vittime comuni. Vittime del terrorismo furono infatti persone "simbolo", le stragi invece colpirono nel mucchio, la morte fu indiscriminata, le persone divennero solo numeri: "strage di Piazza della Loggia, 8 morti; stazione di Bologna, 85".

E' per questo che è essenziale ritrovare la memoria. Calabresi non a caso ha scelto di non parlare della propria vicenda personale, ma di quella del medico Luigi Marangoni come emblematica della strategia perversa del terrorismo. Ed ha posto l'accento sul fatto che per guardare al futuro (che è la cosa più saggia da fare oggi in Italia) è necessario aver messo a posto il proprio passato, facendo chiarezza. Fino a pochi anni fa le vittime del terrorismo sono state considerate qualcosa di scomodo, poi come ha notato Schiavi qualcosa è cambiato. E' importante, come ha detto Milani, "dare un senso alla storia". Per troppo tempo c'è stata una sorta di "rimozione" di questo periodo buio, ma i traumi rimossi, come ha notato il sindaco di Morbegno, ad un certo punto della vita affiorano e bisogna fare i conti con loro.

In Italia è difficile fare storia senza che vi sia una lettura ideologica: siamo ancora ancorati ad una lettura politica del Risorgimento e della Resistenza, figuriamoci gli Settanta! Ma come Calabresi, Milani e Tobagi hanno saputo recuperare la memoria per spingere la notte più in là, penso che l'Italia e gli italiani debbano elaborare questo lutto collettivo per consegnare definitivamente gli anni di piombo alla storia e guardare al futuro.

venerdì, novembre 28, 2008

Neve a Sondrio: fotografie

Nevica, nevica, nevicaaaaaaaaaaaaa.


Era dal gennaio 2006 che non c'era una nevicata così, tutto il giorno a larghe falde. Mi godo il paesaggio dalla finestra nell'attesa che arrivi il crepuscolo per andare a rubare ancora qualche fotografia magica alla giornata.




Sono momenti speciali, da non perdere. Oggi sono uscita per immortalare questo paesaggio bianco e surreale, che mette serenità ma anche sonno (un paio di figli si sono addormentati). Non voglio perdermi l'atmosfera fatata di una giornata così, con i geranei ancora rossi sui balconi imbiancati. Ci sono i ghirigori della neve sul ferro battuto che sembrano ricami.



Peccato che la torre ligariana sia tutta impacchettata in un bel ponteggio e non si possano ripetere fotografie come quella che ho scattato il 27 gennaio 2006, che pubblico qui a fianco. Stasera tornerò a caccia di immagini ;-).

domenica, novembre 23, 2008

Colori d'autunno in Valtellina




Dopo la nevicata di ieri che ha imbiancato le cime e spolverato le strade del fondovalle, oggi siamo andati dai nostri amici di Buglio in Monte, piccoli produttori di vino di valtellina.




Quest'estate degli amici toscani ci avevano regalato del cinghiale e, dopo aver terminato vendemmia e imbottigliamento, era giunto finalmente il momento giusto per fargli festa. In salmì, abbinato a una bella polenta valtellinese (senza formaggio) non era niente male. Anche con i vini abbiamo fatto un'accoppiata: Rosso di Montalcino, poi un Brunello un po' troppo barricato, per finire con uno Sfurzat fantastico.


Nel pomeriggio, mentre i bambini rincorrevano i gatti nella stalla, non ci siamo concessi il lusso di una passeggiata nelle vigne ammirando un paesaggio che si commenta da sè. No, non rimpiango gli anni in cui vivevo a Milano.

sabato, novembre 22, 2008

Anni di piombo. Spingendo (insieme) la notte più in là

E' un autunno d'oro per la cultura, è davvero difficile riuscire a cogliere tutte le opportunità che il territorio offre. Tra le altre voglio segnalare un evento che si terrà il prossimo sabato 29 novembre al polo fieristico di Morbegno. Francesca Peroni, milanese trapiantata in Valtellina, è riuscita ad organizzare un momento di riflessione sugli anni '70 invitando i famigliari di alcune vittime del terrorismo degli Anni di Piombo.

Che cosa accomuna Luigi Calabresi, commissario di polizia assassinato da alcuni esponenti di Lotta Continua, Walter Tobagi, giornalista del Corriere freddato dalle Brigate Rosse, e le vittime della strage di Piazza della Loggia, per la quale non è ancora stato trovato l'autore? Una sorta di oblio ha velato per troppi anni queste stragi e queste morti, evitando non solo che venisse fatta chiarezza, ma pure che potessero essere recuperate alla memoria. Ed è in questa direzione che va letta l'operazione di Francesca Peroni, che grazie alla sua determinazione è riuscita a portare i più stretti familiari delle vittime del terrorismo fin nella periferica Valtellina.

Ecco perché l'evento, completamente gratuito, è dedicato agli studenti, perché possano conoscere un periodo travagliato della nostra storia recente che troppo spesso sfugge allo studio scolastico, ma che ha influenzato non poco la vita della nostra Italia democratica.

lunedì, novembre 17, 2008

Prima neve al Diavolezza

Dopo tre settimane di brutto tempo è tornato un sole stupendo. Non lamentiamoci: il brutto tempo ci ha portato anche tanta bella neve che ha consentito di aprire gli impianti anzitempo. La scorsa settimana erano aperti gli impianti a Bormio e Livigno, questa settimana sci gratis fino a venerdì a Livigno.

Per inaugurare la stagione invernale, domenica ho optato per una scappata oltre confine al Diavolezza. Una giornata memorabile, un cielo terso, il sole caldo e la neve invernale e farinosa. E' una bella sensazione quella di sciare in autunno, perché non c'è l'aria pungente delle giornate più corte dell'anno, sembra di essere quasi in primavera. La discesa a valle però è un tripudio di colori, con i larici gialli e bruni e il sole del tramonto che colora di rosa le vette. Anche i miei polpacci sono diversi, non certo come quando ormai si è allenati a fine stagione.

venerdì, ottobre 03, 2008

La sagra della mela e dell'uva. Il confine della speranza

Sempre restando in tema di sagre voglio segnalare un'iniziativa un po' particolare che esula dal solito turismo gastronomico e ci fa fermare un momento a riflettere. Quest'anno nell'ambito della Sagra della mela e dell'uva di Villa di Tirano ci sarà un momento dedicato alla Shoa. Infatti lungo i sentieri del tiranese nel corso della Seconda Guerra mondiale sono riusciti a scappare in Svizzera alcune centinaia di ebrei. Qualcuno però non ce l'ha fatta e ha trovato la morte sulle nostre montagne o nei campi di concentramento.

La professoressa Fausta Messa, dell' Istituto Storico per la Resistenza di Sondrio, ha studiato e raccolto la documentazione su questi percorsi e sabato 11 settembre alle ore 9.30 ci sarà modo di ascoltare gli ultimi testimoni di questo pezzo della storia di casa nostra, tra cui anche una persona che ha rischiato la propria vita per "traghettare" nella vicina Svizzera gli ebrei perseguitati. Insomma un'occasione per recuperare la nostra "memoria" e per rivisitare la nostra storia recente tra il rosso e il giallo delle mele.

giovedì, ottobre 02, 2008

Weekend gastronomici

L'autunno in Valtellina è tempo di vendemmia, ma è anche tempo di sagre e di sapori.

Da qualche anno ormai a Teglio si organizzano dei weekend tematici ai quali aderiscono i migliori ristoranti del borgo e delle frazioni. Al tema dei funghi delle ultime due domeniche di settembre, seguranno quelli della cacciagione, dei sapori autunnali per finire a novembre con il festival del maiale. I menù sono fissi e i prezzi pure: 33 euro per un pasto da re.

Oltre che a Teglio anche a Morbegno vi sono manifestazioni degne di non essere perse: a Morbegno in cantina, i primi due fine settimana d'ottobre, si possono degustare i migliori rossi di Valtellina in cinquanta antiche cantine, pubbliche e private, aperte appositamente per l'occasione. A questa manifestazione si aggiunge la ormai famosa Mostra del Bitto che quest'anno si terrà dal 17 al 19 ottobre.

Per chi invece preferisce andare alla scoperta degli antichi borghi della valle c'è la rassegna Gustosando nei paesi della costiera dei Cech. Civo, Caspano e Dazio con le loro corti storiche saranno la sede di questa sagra che associa il vino di Valtellina alla sua gastronomia.

giovedì, luglio 10, 2008

La casa delle fate

"Buonasera è ... la casa delle fate?"
Non ricordavo che nome le avessero dato. L'invito era arrivato solo pochi giorni prima dell'inaugurazione e non avevamo potuto approfittarne. Erano anni che ci passavamo davanti e i bambini non potevano fare a meno di notare la villetta liberty con la torretta che ricorda il castello della Bella Addormentata, le finestre rosse e il tetto di scaglie di legno come non si usa da queste parti.
"Sì è Villa Brioschi"
"Ma fate anche ristorante?" "Sì"
Mi è sembrato di entrare in un mondo senza tempo, un po' di vecchia Inghilterra e tanto sapore di casa. E mi sono sentita a mio agio, rilassata anche dopo una giornata passata a far valigie. Dalla finestra che si affaccia sulla valle i colori del tramonto inondavano di luce rosa l'Adamello, rosa che col tempo sfumava nel grigio della sera. Una finestra particolare, molto ampia e molto bassa, da cui si gode una vista impareggiabile... e la mente vola, abbatte tutti i palazzi anni settanta che deturpano gli altri angoli della visuale, immagina quando li sotto c'erano i cavalli, e l'immagine prende corpo nella mente, nella fantasia.
Qualche anno fa era apparso un cartello che metteva in vendita la casa: chissà che cosa ne avrebbero fatto! Purtroppo all'Aprica negli anni passati ci sono state fin troppe speculazioni o ristrutturazioni avventate. La bella villa Caprotti, un cubo di sasso locale di un'essenzialità razionalista al centro di un grande prato, era stata trasformata in un'improbabile accozzaglia di stili appiccicandogli addosso dei balconi tirolesi e soffocandola al centro di una corona di basse palazzine (è un tale orrore che non sono riuscita a trovare una foto sul web). E forse non è questo l'esempio peggiore.
La casa delle fate ha invece mantenuto intatto il suo fascino. Più che di una ristrutturazione si è trattato di un restauro conservativo, una vera scommessa per riportare la casa all'antico splendore. Ne hanno ricavato un raffinato ristorante e un bed and breakfast da sogno, in cui si coniugano vecchio e nuovo: camerette mansardate con finestrelle basse, letti dal profumo di pino e cassettoni di una volta con le stesse decorazioni riprese sulle porte, vecchi armadi con lo specchio... e nella torretta della Bella Addormentata una vasca idromassaggio circolare.
"Mamma voglio venire qui a dormire".

sabato, giugno 21, 2008

Turismo sostenibile in Valtellina

Dopo mesi di silenzio torno a parlare sul blog per segnalare un lavoro di spessore fatto da una classe di studenti di Sondrio. Si tratta di una narrazione multimediale che analizza gli ultimi 20 anni di storia della nostra valle, a partire dall'alluvione del 1987: Valtellina 1987-2007: dall'alluvione allo sviluppo sostenibile.
Un intero paragrafo è dedicato al turismo, non quello dello sci o delle terme, ma un turismo slow, da assaporare passo dopo passo sui sentieri e lungo i borghi della valle.
Il lavoro ha ricevuto la menzione d'onore al concorso Policultura, bandito dal Politecnico di Milano.

domenica, marzo 23, 2008

La tèra perduda: poesie su S.Antonio Morignone

A più di vent’anni di distanza ha ancora senso parlare della calamità che ha investito la Valtellina nell’estate del 1987? A che serve ricordare S. Antonio Morignone e Aquilone due paesi sepolti dall’immane frana della val Pola? I turisti frettolosi che risalgono la valle si accorgono sì e no dello squarcio che ancora si vede tra una galleria e l’altra… e anche alcuni opinionisti locali preferirebbero che si dimenticasse.

Ho avuto modo pochi giorni fa di parlare al telefono con don Remo Bracchi, e di ricevere poco dopo un’email toccante: queste poesie sono state scritte per non dimenticare, perché venga conservata e trasmessa la memoria di un disastro in cui c’è gente che ha perso molto e qualcuno che ha perso tutto. Quindi ben vengano iniziative che ricordino ai giovani quello che successe, che trasmettano la memoria della tragedia.

Qualche sera fa, parlando su ICQ con l’amica di Cepina che mi aveva prestato il libro per il lavoro che stiamo facendo, mi sono davvero commossa sentendola ricordare l’amica Raffaella, che assieme ai marcin de Culïon (i bambini di Aquilone), è stata sepolta dalla frana a soli 20 anni. E anche sentirle raccontare il panico della notte dell’alluvione: “non ho mai avuto così paura in vita mia”. No, non è giusto dimenticare.

sabato, febbraio 23, 2008

Il sentiero della Sassella



La classica passeggiata dei sondriesi è quella al santuario della Madonna della Sassella. Dal centro cittadino il percorso dura circa un'ora e si snoda in piano lungo la via Valeriana, l'antica strada che percorreva a mezza costa tutta la valle.




Il percorso ha grande valore storico e paesistico in quanto nell'ultimo tratto è interamente circondato dai terrazzamenti con i vigneti del Sassella, terrazzamenti frutto della fatica di generazioni e generazioni di contadini che trasportarono la terra dal fondovalle con le gerle.




Durante la Controriforma lungo questo tracciato sorsero diverse cappelle, una sorta di piccolo Sacro Monte mai terminato perché ne vennero edificate solamente cinque sulle dodici previste. Fino a pochi anni fa nell'ultima di queste cappelle, in una rientranza del sentiero vicino ad un ruscello, era possibile ammirare le statue ligneee dei dodici apostoli e della Vergine, statue che sono state trasportate al museo di Sondrio per un restauro.


Dopo circa un'ora di cammino si giunge al borgo della Sassella, dove sorge la chiesa dedicata alla Vergine.
Secondo la tradizione il santuario era stato fondato nel 932 in seguito ad una richiesta fatta dalla Madonna apparsa all'arciprete di Sondrio. L'edificio attuale è però databile al XV secolo ed è caratterizzato da un elegante portico e un singolare campanile pentagonale che si scorge anche dalla statale poco prima di giungere a Sondrio. Anche il borgo ha un fascino particolare, con le vecchie case risistrutturate e un acciottolato che sa di tempi che furono.




Da qui si può prendere il sentiero che sale tra le vigne fino a raggiungere, in una ventina di minuti, la frazione di Triasso, dalla quale si gode di una vista spettacolare sulla valle e sull'Adda.





Non sembra di trovarsi sulle Alpi in un contesto di montagna. Anche in inverno si può camminare in maglietta e se si fa attenzione è possibile scoprire che tra i sassi dei muretti a secco ci sono alcuni esempi di piante grasse tipiche della flora mediterranea.

domenica, febbraio 17, 2008

Incisioni rupestri di Triasso


Le incisioni rupestri di Triasso non sono note nemmeno agli stessi sondriesi, eppure su tutto il versante del monte Rolla sono stati scoperti diversi siti con ritrovamenti preistorici che portano ad ipotizzare insediamenti dell'età del ferro lungo tutto il versante retico della Valtellina.



Nel comune di Sondrio e nelle sue immediate vicinanze vi sono infatti ben cinque siti preistorici, tutti posti in una posizione dominante sulla valle, vale a dire a Triangia, presso la chiesa di S. Bartolomeo, all'imbiocco della Val di Togno e al Castel Grumello. Vi si trovano prevalentemente delle coppelle, ma in prossimità di Triasso vi sono disegni più complessi che richiamano da vicino le più famiose incisioni della Rupe Magna di Grosio e quelle della Valle Camonica.

Per visitare le incisioni di Triasso vale la pena di lasciare la macchina nella piazzetta della frazione, che si trova in una conca riparata alla vista proprio al di sopra della frazione della Sassella, e proseguire tra le vigne verso ovest sulla strada in leggera salita. Dopo circa venti minuti sulla destra si scorgono una casa ed un rustico isolati e poco dopo si diparte una strada che li raggiunge. Accanto al rustico vi è un masso liscio sul quale si riconoscono diversi oranti e una rosa camuna. Una passeggiata domenicale emozionante.

lunedì, febbraio 11, 2008

Salvatore Quasimodo a Sondrio

Ma che c'entra Salvatore Quasimodo con la Valtellina? Che ci fa il poeta siciliano, premio Nobel per la letteratura, poeta ermetico e traduttore impareggiabile di poesia antica tra le aspre montagne retiche? Nella raccolta poetica "Ed è subito sera" compaiono due liriche che evocano inequivocabilmente il paesaggio valtellinese. Si tratta di "La dolce collina" e "Sera nella valle del Masino".

La prima è forse la più nota e viene quantomeno citata dai libri locali che parlano del paese di Ardenno: qualcuno ha pure pensato di dare un nome alla donna con "un fiore di corallo tra i capelli" cercandola tra le abitanti delle "scure case del borgo" dal quale il poeta ascolta l'Adda. In ogni caso il verso "la dolce collina d'Ardenno" ci sta bene sugli opuscoli turistici e viene quindi riportato, magari anche solo come citazione.

Sorte opposta è toccata invece all'altra lirica, vuoi per l'oscurità del linguaggio ermetico, vuoi per l'aria cupa che vi si respira. Versi come "Presto la rana cresce il verde: è foglia" ricordano più le sestine del trobar clus della poesia delle origini, che le chiazze di colore di altre più famose poesie di Quasimodo:"Ride la gazza, nera sugli aranci". Ma versi come "e l'allarme / è un canto di cupo dialetto" o locuzioni quali "cesure straziate", "lamento del corvo", "immutabile la noia", "freddo pietoso" non danno della Valtellina un'immagine felice da cartolina illustrata e sono quindi state censurate dai cultori di storia e di memorie locali.

Del resto Quasimodo non venne a Sondrio per scelta. Nel 1934, in qualità di geometra provvisorio presso il Genio Civile, ottenne un trasferimento a Milano, ma un capo ufficio che non amava i poeti lo confinò in Valtellina. Presso gli uffici di Piazzale Lambertenghi trascorreva il minor tempo possibile, tanto che venne tacciato di essere un impiegato inconcludente e si guadagnò pure un richiamo ufficiale. Infatti non appena poteva prendeva il treno per tornare a Milano dove trascorreva il tempo con artisti e giornalisti nei più famosi caffé della città. Sul treno, che andava e veniva, corteggiava però le maestrine e le invitava ad abbandonare lo studio di Carducci per rivolgersi a poeti più moderni.

Insomma le donne tornavano sempre nei suoi discorsi così come nelle sue poesie.


venerdì, febbraio 08, 2008

Leonardo da Vinci e le terme di Bormio

"In testa alla Valtolina è la montagna di Bormi. Terribili piene sempre di neve; qui nasce ermellini. A Bormi sono i bagni. Valtolina come detto valle circumdata d'alti terribili monti. Fa vini potentissimi e assai e fa tanto bestiame che da paesani è concluso nascervi più latte che vino. Questa è la valle dove passa Adda, la quale corre più che 40 miglia per la Magna."

Così Leonardo da Vinci descrive succintamente la Valtellina nel Codice Atlantico. Gli storici non sono riusciti a rintracciare una prova certa della conoscenza diretta del territorio valtellinese da parte di Leonardo. Si ipotizza che potesse essere al seguito di Bianca Maria Sforza, la bella nipote prediletta dello spregiudicato Ludovico il Moro, andata sposa all'imperatore Massimiliano d'Asburgo, già vedovo della prima moglie. Il matrimonio era stato celebrato per procura nel dicembre del 1493 e la sposa, dovendo raggiungere il marito a Innsbruck, transitò per la valle fermandosi alcuni giorni a Bormio, ospite della famiglia Alberti, prima di affrontare il temibile passo dell'Umbrail.

Il fatto che alcuni elementi essenziali del paesaggio della Magnifica Terra compaiano nella descrizione leonardesca ha fatto pensare ad una conoscenza diretta del territorio. Le montagne incombenti e piene di neve che incutono terrore a chi è abituato al dolce paesaggio collinare toscano, gli ermellini, le terme. E poi ancora altri elementi che fanno pensare al viaggio lungo la valle, come il vino e il bestiame, che ancor oggi rappresentano gli elementi di punta delle produzioni tipiche locali.

Ipotesi suggestive sì, ma certezze anche questa volta non ne abbiamo.

martedì, febbraio 05, 2008

Pista Deborah Compagnoni

Una delle emozioni più belle in montagna è risvegliarsi al mattino dopo che ha nevicato tutta la notte. Stamani il cielo era azzurro e terso, la neve farinosa e soffice, il paesaggio fatato con tutti gli abeti incappucciati di bianco. Dovendo tornare a lavorare nel pomeriggio, siamo saliti presto facendo l'antimeridiana, meno di 60 euro in sei persone: una pacchia.

Dalla cabinovia si vedeva la pista parzialmente battuta e e parzialmente coperta dalla neve fresca. Arrivati in cresta al Sobretta abbiamo deciso di scendere sul davanti, portando anche i bambini. La pista dedicata a Deborah Compagnoni è una nera, è piuttosto dura, ma se non è ghiacciata è una bellezza e anche loro ormai riescono a scendere. La prima volta abbiamo scelto la variante sul Sobretta davanti, seguendo il tracciato della vecchia libera femminile, quella che arrivava alla Fonte. Dopo anni ho riprovato l'ebrezza dello sci in neve fresca, quaranta centimetri di neve farinosa stupenda su fondo battuto, quindi nessun rischio né per me né per gli altri. E' stupendo scendere per primi e lasciare le proprie scie come uno scodinzolo sulla neve.

Poi siamo risaliti in valle dell'Alpe a prendere il sole e una cioccolata al rifugio, e dopo un paio di discese siamo scesi verso valle. L'emozione della sciata in neve fresca non era ancora passata. Questa volta però abbiamo visto dalla cabinovia che altri ci avevano seguiti e la neve fresca era ormai tracciata da un fitto reticolo di scie. Abbiamo allora seguito la vecchia pista Bucaneve ora dedicata alla simpatica campionessa locale. Si tratta di un tracciato con un dislivello di mille metri che le più brave riescono a percorrere in meno di due minuti. Noi siamo scesi con calma, coi tempi dei bambini.

Questa pista ha una storia singolare, che non tutti conoscono: venne infatti tracciata da una immane valanga nel lontano 1918, l'ultimo anno della Grande Guerra. Abbiamo delle vecchie fotografie in bianco e nero, fatte alla fine degli anni quaranta che mostrano i vecchi tracciati nel bosco e l'unica pista riconoscibilissima. Purtroppo per i mondiali del 2005 è stata ampliata e modellata. Il tratto nel bosco, che un tempo era un vero spettacolo, non ha più quell'alternanza di discese e piccoli piani, tutto è stato uniformato per rendere la pista conforme alle normative internazionali e ai criteri di sicurezza... però si è perso un pezzetto di storia e di poesia.

lunedì, febbraio 04, 2008

Vacanze di Carnevale alle terme

Finalmente è vacanza: solo due giorni di Carnevale, ma due giorni salutari perché non cadono nel fine settimana e finalmente si può andare a sciare senza paura di trovare la ressa. Carnevale romano ovviamente, visto che siamo in diocesi di Como, in una zona che ha in prevalenza turisti milanesi. Partiamo per Santa Caterina per goderci questi giorni di festa.

Le previsioni erano così così, abbastanza ambigue. La realtà ha superato le aspettative, questa volta però in peggio: nevica e c'è una visibilità pessima, voglia di sciare poca. Passiamo la mattinata con la slitta e il bob su e giù dalla strada, bagnandoci e divertendoci come ci si divertiva una volta, ma per il pomeriggio vogliamo proprio godercela. Terme, sì le fantastiche terme dei Bagni Nuovi, al calduccio nell'acqua calda sotto la neve che cade.

E' un'emozione speciale, di quelle che nella vita si provano poche volte. Il bello dei Bagni Nuovi è che ci sono tante vasche e piscine all'aperto per cui con il prato bianco di neve ci si riesce finalmente a rotolarsi e a rituffarsi nell'acqua bollente. E' una cosa che non capita spesso, ma quando capita non bisogna proprio farsela sfuggire.

sabato, febbraio 02, 2008

Contrada Ligari a Sondrio


Ci sono luoghi che ti entrano nel cuore appena li vedi. Per me la contrada Ligari è stato un amore a prima vista. Si tratta di un piccolo paese arrampicato a 1092 metri sul versante retico sopra la frazione di Triangia. La prima volta ci siamo capitati per caso, lo scorso inverno durante le vacanze di Natale più senza neve degli ultimi anni. Era una giornata spettacolare e molto calda e abbiamo fatto una passeggiata verso il monte Rolla: si stava bene con il pail senza giacca a vento. Ritornati nella contrada abbiamo girato tra le stradine e sono stata rapita dalle vecchie case risistemate con amore e da quelle ormai fatiscienti che si affacciano come un balcone panoramico sulla valle.


Ci sono tornata una sera di inizio novembre per vedere i larici multicolori e il tramonto verso il lago di Como. Avevo la macchina fotografica, ma non le pile di riserva purtroppo. Era una domenica sera e pensavo di non trovare nessuno, come l'altra volta, ma arrivata alle case del paese ho sentito odore di castagne e rumore di voci. Sondrio è piccola ed ho incontrato persone che conoscevo. Mi hanno offerto le castagne e del vino. Uno di loro mi ha raccontato di come suo nonno fosse nato lì e come lui da ragazzo cinquant'anni fa ci passasse tutte le estati a pascolare le mucche, mentre la famiglia si era trasferita più a valle nella contrada di Moroni, da cui era più facile raggiungere Sondrio a piedi per studiare.

Oggi ci sono tornata apposta, dopo essermi accertata che le pile della macchina fotografica fossero cariche. La mattina era stata brutta e piovosa, ma nel pomeriggio il cielo si è aperto, lasciando passare tra le nuvole livide raggi di sole lucenti come lance. Sopra gli ottocento metri c'era un velo di neve fresca che all'altezza di Ligari sono diventati cinque centimetri, quel che basta per imbiancare il paesaggio. Anche questa volta non c'era nessuno, solo qualche orma lasciata da qualcuno che forse era venuto a godersi lo spettacolo della natura. Lascio che parlino le immagini.

Castel Grumello

Il fortilizio che guarda da est la città di Sondrio è un raro esempio di castello gemino formato da due distinti manieri: uno con funzione militare e l'altro residenziale. Venne fondato nel 1300 circa da Corrado de Piro ghibellino, che si contrapponeva ai guelfi De Capitani del vicino Castello Masegra.

L'intera costruzione è situata su una collina circondata da mura. Il castello occidentale aveva una funzione residenziale: è infatti ancora possibile scorgervi i ruderi di una sala con camino; il castello orientale invece aveva una funzione militare e difensiva, testimoniata dall'alta torre di vedetta. Tra le due costruzioni è possibile scorgere alcune incisioni rupestri e precisamente delle coppelle attribuite all'età del ferro.

Come gli altri castelli valtellinesi anche Castel Grumello venne smantellato dai Grigioni nel diciassettesimo secolo, andando così in rovina. Nel 1987 la Società Enologica Valtellinese lo ha donato al Fondo Ambiente Italiano, che lo ha restaurato ed aperto al pubblico. Visitare il castello è un'emozione particolare, soprattutto nelle mezze stagioni perché si trova in mezzo a splendidi terrazzamenti di vigne in un luogo sempre soleggiato anche in pieno inverno.

venerdì, febbraio 01, 2008

Museo Castello Masegra a Sondrio

Lo scorso marzo ha aperto il Museo Castello Masegra, dedicato ai tre secoli di dominazione dei Grigioni (1512-1797). Si tratta della prima parte del castello che viene aperta al pubblico ed è ubicato nel corpo orientale, là dove si trovavano le antiche scuderie.

Nella prima sala sono esposti alcuni stemmi gentilizi di famiglie nobili valtellinesi, contrapposti a riproduzioni plexiglass di stemmi di casati grigionesi. Vi si trova anche uno stemma delle Tre Leghe che era stato reimpiegato come tombino. Nella seconda sala vengono rievocati i momenti più drammatici della dominazione, vale a dire il terribile periodo della Guerra dei Trent'anni durante il quale si succedettero eventi drammatici quali il rapimento e l'uccisione di Nicolò Rusca, il Sacro Macello e la Peste Nera portata dal passaggio dei Lanzichenecchi. In questa sala sono infatti esposti croci cimiteriali ed alabarde, a simboleggiare la morte e il mestiere di mercenario (i Grigioni erano famosi per rifornire di mercenari tutti gli eserciti europei); vi si trova inoltre un curioso vetro tedesco andato in frantumi e poi ricostruito, con la scritta "vetro e fortuna vanno spesso in pezzi" e uno stemma del Forte di Fuentes, costuito all'inizio del Seicento dagli Spagnoli a Colico per controllare l'imbocco delle due valli sotto il dominio grigionese. Nell'ultima sala si trova la colonna della berlina, alla quale venivano legati i condannati esposti al pubblico ludibrio, e una testa di San Giovanni Nepomuceno, protettore dei ponti. Anche quest'ultimo pezzo ha una storia curiosa: la statua venne travolta da un'alluvione del Mallero e si salvò solo la testa raccolta da un privato e messa in bella mostra nel suo giardino pensando che fosse quella di Garibaldi.

Il museo è visitabile ogni sabato dalle 10 alle 12 e dalle 14 alle 17. Sono visitabili anche alcune sale del Castello principale che sono state già restaurate ed adibite a spazi espositivi per mostre tematiche.

lunedì, gennaio 28, 2008

Il Conte Diavolo

Il nome del Conte Diavolo, al secolo Galeano Lechi, è legato a leggende e paure. Quando da bambina salivamo, stipati sulla giardinetta, verso l'Alta valle e superavamo il ponte del Diavolo, distrutto dall'immane frana della val Pola, mia madre ci teneva buoni raccontandoci le vicende romanzate di questo terrificante personaggio.

Ma chi era Galeano Lechi? Questo personaggio, di nobile famiglia bresciana, era approdato a Bormio nel 1785, dopo essere evaso dai Piombi di Venezia dove era stato recluso per un omicidio. L'appartenenza di Bormio allo stato delle Tre Leghe, che negli ultimi decenni aveva pessimi rapporti con la Serenissima, garantendolo contro un'eventuale estradizione, e la vicinanza alla famiglia, che non mancava di mantenerlo dalla vicina Brescia, gli avevano fatto scegliere il borgo valtellinese come residenza.

Qui lo venivano a trovare i nipoti da Brescia che lo tenevano aggiornato sui nuovi fermenti giacobini e sui preparativi di Napoleone, che mirava ad abbattere l'ormai esausto dominio di Venezia, quello che alcuni storici hanno definito uno splendido cadavere. Nella sua casa di Bormio si raccolse ben presto un gruppo di giovani scontenti dell'immobilismo del dominio grigione e desiderosi di una svolta: per loro il conte rappresentava il contatto con la novità.

All'inizio del 1797 i francesi si affacciarono alle porte della Valtellina e i suoi abitanti risposero entusiasticamente. Il 19 giugno i comuni valtellinesi proclamarono la propria libertà dal giogo grigione, seguiti poco dopo dal contado di Chiavenna. Mancava solo il contado di Bormio che però non sentiva alcuna necessità di proclamare una libertà di cui già di fatto godeva, in quanto il dominio grigione nella Magnifica Terra era più blando che altrove. I Bormini cercarono di prendere tempo, pressati da un lato dalla presenza delle truppe napoleoniche nel Ducato di Milano, dall'altro dalle lusinghe di Coira. Il 9 luglio "con dispiacer di popolo", come raccontano alcuni documenti privati, i membri del consiglio del contado proclamarono "all'unanimità", come raccontano invece i documenti ufficiali, il distacco dai Grigioni.

Galeano Lechi che nel frattempo si era recato a Milano e a Brescia, liberata dalle truppe francesi, fece ritorno in valle passando però prima per Sondrio, Ponte e Tirano dove incontrò i giacobini locali. Il 12 luglio si incrociò all'osteria di Bolladore con i rappresetanti dei contado di Bormio che stavano scendendo a Milano per reclamare le proprie autonomie locali (evidentemente non avevano capito bene in che cosa consistesse l'égalité rivoluzionaria, o forse ci provavano), ma il conte li fece arrestare poco dopo: era lo scontro tra due diversi modi di intendere la libertà, uno ancorato ad un'antica forma di democrazia patriarcale, il secondo nuovo e rivoluzionario.

Il Conte Diavolo giunse quindi a Bormio e nel giro di una settimana, dal 15 al 23 luglio cercò di portare avanti il suo programma rivoluzionario e spregiudicato che sovvertiva dalle fondamenta le antiche costumanze. Scrisse sulla porta del Palazzo Pretorio "o libertà o morte", bruciò in piazza gli strumenti penali e la colonna della berlina, distrusse la forca. Ciononostrante i Bormini cercarono di far partire nuovamente i loro rappresentanti per Milano. Il Conte lo seppe e cercò di seguirli con altri tre compagni, ma giunto nei pressi di Cepina venne bloccato da una quarantina di uomini armati della Valle di Sotto e fucilato assieme a due dei suoi compagni presso la baita di un tale Giuseppe Walser. Il corpo, indegno di sepoltura, venne buttato nell'Adda, dove riaffiorò poco sopra Le Prese, vicino ad un ponte che da allora si chiamò Ponte del Diavolo. Era il 23 luglio 1797.

Centonovanta anni più tardi, proprio negli stessi giorni di luglio, dal 19 al 28, ci sarebbe stata un'altra settimana infernale e quello stesso Ponte del Diavolo sarebbe stato distrutto dall'immensa frana della val Pola.

sabato, gennaio 26, 2008

Carnevale a Bormio

A Sant Antòni abát al sálta fòra tüc i mat. Così cominciava un tempo il carnevale bormino, il 17 gennaio, festa di Sant'Antonio abate, giorno in cui cominciava ufficialmente e... saltavano fuori tutti i matti. Molte usanze sono legate a questo periodo dell'anno a partire da quella del Podestà di mat.

Negli ultimi giorni di Carnevale infatti il popolo si radunava nella piazza principale del borgo sotto il Kuèrc, il luogo dove si tenevano le adunanze e si amministrava la giustizia. Qui veniva eletto un principe buffone carnevalesco che aveva illimitata giurisdizione anche sul podestà e sui reggenti del contado, che venivano per quei giorni sospesi dall'esercizio delle loro funzioni. Durante il suo breve regno il Podestà di mat passava di casa in casa per ricevere cibo e denaro, per spassarsela in feste e gozzoviglie. I novelli sposi dovevano riscattare la moglie che gli veniva rapita e il giovedì grasso si distribuiva la polenta ai poveri del paese, tra le satire e gli sberleffi di un arlecchino.

venerdì, gennaio 25, 2008

Polenta taragna

Questo sì che è un piatto tipicamente valtellinese, anzi assieme ai pizzoccheri è la pietanza che caratterizza la cucina della Valtellina. Innanzitutto due parole sul termine taragna e sul suo significato. Come i taroz, deriva dalla dialettale "tarare" cioè mischiare: infatti è necessario non smettere mai di tararla così che non si attacchi sul fondo del paiolo.

Per quattro persone occorrono due litri d'acqua e 400 gr. di farina gialla di mais e 100 gr. di farina di grano saraceno, burro e formaggio scimud o casera. Si fa bollire l'acqua nel paiolo di rame e si versano a pioggia le farine già miscelate, facendole bollire per circa un'ora cioè fino a quando la polenta si stacca dalla crosta che si è formata sul bordo del paiolo. A questo punto invece che terminare la cottura (come per la polenta concia) vi si incorpora 50-100 gr di burro e altrettanti di formaggio, completando la cottura per altri 5 minuti finché non sono ben sciolti. Ora non resta che toglierla dal fuoco e servirla sul tagliere.

In commercio negli ultimi tempi si trovano anche delle farine precotte già miscelate... non è certo la stessa cosa e non ha sicuramente la poeticità e il sapore della polenta cotta sulla stufa, ma tante volte dobbiamo anche fare i conti col tempo.

giovedì, gennaio 24, 2008

Cassiodoro e le terme di Bormio

Torniamo a parlare dell'argomento terme. Se Plinio alle terme di Bormio non ha mai messo piede, Cassiodoro invece probabilmente sì.

Ma chi era questo personaggio dal nome tanto singolare (in realta significa dono di Cassio, che a sua volta vuol dire elmo metallico)? Ai suoi tempi era un pezzo grosso: un letterato e uno statista, ministro plenipontenziario del regno dei Goti in Italia, vale a dire il braccio destro del re Teodato. E' appunto scrivendo al suo re nel 535-36 d.C. che egli nomina le virtù terapeutiche delle "aquas Bormias" per la cura di una "limosae podagrae" vale a dire della gotta. Questa volta vi risparmio il testo in latino, che i più curiosi o puntigliosi possono però consultare qui (Variae, X, XXVIIII, 1).

Ora i più pignoli osservano che anche ad Acqui Terme, sul fiume Bormida, ci sono delle acque termali terapeutiche. Questa località in epoca romana era però nota con un nome diverso cioè Aquae Statiellae, per cui l'identificazione con Bormio, nota per la cura della gotta anche in documenti di età medioevale di sicura attribuzione, è pressoché certa. Non sono l'unica a pensarla così: il fatto che anche la bibbia della toponomastica, vale a dire Dante Olivieri (Dizionario di toponomastica lombarda, p. 101) la pensi allo stesso modo, mi conforta.

lunedì, gennaio 21, 2008

Pizzoccheri di Chiavenna

Forse non tutti sanno che in Valchiavenna si mangiano dei pizzoccheri bianchi molto diversi dai tradizionali pizzocchieri valtellinesi. Si tratta di gnocchetti che tradizionalemente erano a base di sola farina bianca (400 gr. per 4 persone) e latte. Oggi per renderli più morbidi si preferisce aggiungervi un panino raffermo ammollato nel latte o una patata lessa. Con questi ingredienti più sale e pepe si forma un impasto morbido a forma di salsiccia larga un dito, lo si mette su un tagliere e si tagliano dei piccoli gnocchi lunghi 2 centimetri.

Li si fa cuocere in abbondante acqua salata, magari aggiungendovi una patata, e li si scola quando vengono a galla come gli gnocchi. Il condimento è quello tradizionale dei pizzoccheri valtellinesi, vale a dire aglio e salvia soffritti nel burro (50 gr.) e formaggio di latteria morbido, che a Chiavenna si chiama magnocca, una specie di scimud (50-100 gr. a seconda dei gusti). Buon appetito!


domenica, gennaio 20, 2008

Sciare a Santa Caterina

Dovendo sistemare alcune pratiche per il teleriscaldamento, oggi ne abbiamo approfittato per tornare a sciare a Santa Caterina Valfurva. Ci siamo svegliati con tutto comodo e siamo partiti con il pic nic per l'Alta Valle. La giornata era calda, quasi primaverile, sembrava quasi fine febbraio-marzo.

Il clima è proprio cambiato. Ricordo che da ragazzina verso la metà di gennaio avevo fatto una discesa libera sulla vecchia pista Bucaneve (oggi rinominata Deborah Compagnoni). Dopo la prima non stop eravano risalite con i due vecchi ski-lift con addosso le sole tute da discesa. Un freddo bestiale, lo ricordo ancora. Credo ci fossero 10 o 15 gradi sottozero. Gli allenatori avevano lasciato le tute alla partenza e non c'era il tempo per scaldarsi. Risultato: eravamo cadute tutte, ma per fortuna nessuna si era fatta male. Il giorno dopo tutte in pista, per superare la paura di cadere. Lo sci si faceva così, parola di Giorgio Compagnoni, il nostro allenatore.

Oggi invece si stava davvero bene il sole d'alta quota ti scaldava piacevolmente. La nevicata di quest'ultima settimana ha portato un metro di neve fresca, un metro di neve invernale soffice, altro che quella sparata dai cannoni. Abbiamo sciato ancora una volta in Valle dell'Alpe, su e giù dalla nuova seggiovia. Non vedo l'ora che il sole si alzi e si possa sciare al sole anche sul Sobretta davanti. perché la bellezza di Santa Caterina è davvero sciare su piste difficili ed assolate.

Il rientro questa volta è stato più veloce. Abbiamo attraversato Tirano in soli quindici minuti e siamo riusciti a prendere un pezzetto di messa al Santuario della Madonna. Ah dimenticavo: oggi il pomeridiano per gli adulti costava solamente 11 euro.

sabato, gennaio 19, 2008

Polenta concia

Sarà anche un piatto valdostano o piemontese, ma anche in Valtellina lo si mangia volentieri. Ne ho già parlato in un altro blog, ma lì non si parlava di ricette e vi assicuro che nessuno da queste parti immagina che non sia un piatto locale.

Noi la facciamo con un terzo di grano saraceno due terzi di farina gialla come per la polenta taragna (ma più spesso si fa a occhio). Bisogna mettere sul fuoco un paiolo di rame, ma se si ha la fortuna di avere una stufa a legna il sapore è nettamento diverso, con due litri di acqua e quando comincia a bollire versarci a pioggia la farina già miscelata, tarandola, cioè mescoladola, vigorosamente così che non si formino grumi. Poi bisogna continuare a tararla con un movimento dal basso del paiolo verso l'alto.

Dopo un'ora e dopo essersi fatti dei buoni muscoli, la polenta è cotta e la si mette sul tagliere. Nel frattempo si è fatta soffriggere una cipolla nel burro. E' arrivato il momento di tagliare a fette la polenta: la si mette una fetta in una pirofila e la si cosparge di formaggio Scimud tagliato a dadini e burro fuso con cipolla, poi una nuova fetta di polenta e ancora burro e formaggio, poi ancora polenta e burro per terminare col formaggio. Insomma un altro piatto della tradizione, leggero leggero per stomaci delicati. Buon appetito.

venerdì, gennaio 18, 2008

Ultima nevicata al Palù


Negli ultimi tempi la neve è finalmente arrivata ed ha imbiancato i picchi delle montagne e i boschi a mezza costa: ce n'era davvero bisogno. La valle ha acquisito così la sua veste invernale, dominata dal bianco della neve e dall'azzurro del cielo.

Mercoledì le mie figlie sono tornate bagnate fradicie dallo sci: erano andate con il CAI a Chiesa in Valmalenco e avevano fatto lezione di sci sotto una fitta nevicata. Oggi ho accompagnato anch'io 51 bambini del CAI e finalmente, dopo aver affidato la truppa ai maestri di sci, sono andata a sciare. C'era una neve incredibile (un metro e mezzo di neve fresca dicono i dati ufficiali) come non mi capitava da tempo e un sole caldo. Al Palù ho trovato anche degli amici che, grazie al part-time come me, erano riusciti a ritagliarsi una mezza giornata di libertà per una sana sciata.

Dopo alcune discese al sole sulla pista di Campolungo e sulla nuova seggiovia aperta due anni fa che nel pomeriggio è completamente esposta al sole, ci siamo avventurati sulla pista Thöni, una delle nere più impegnative della valle. Mi è sembrato di tornare indietro di trent'anni, quando da ragazzina facevo le gare di sci. Solo neve naturale senza nemmeno l'ombra di un cannone, neve invernale battuta prevalentemente dal passaggio degli sciatori e non dai gatti. Una pacchia! Certo che il muro finale è abbastanza impegnativo, le mie gambe non sono più quelle di una volta.

giovedì, gennaio 17, 2008

Plinio il Vecchio e le terme di Bormio

O meglio dovrei titolare: Plinio il Vecchio e il falso delle terme di Bormio. Sì perché secondo me il fatto che Plinio ne parli nella sua Naturalis historia è una bufala bella e buona. Già qualche tempo fa avevo postato la traduzione del passo in questione intitolato "Mirabilia fontium et fluminum". Qui mi limito a riportare la prima frase del passo: "Ma la natura è stupefacente per il calore di innumerevoli fonti, cosa che avviene anche tra i gioghi delle Alpi e pure all’interno del mare tra l’Italia e Ischia nel golfo di Baia e all’interno del fiume Liri e in molti altri".

Alcuni "cultori" di storia locale prendono il passo in questione, ma ne riportano solo la prima parte, fino ad Alpi. Poi argomentano che, siccome Plinio era di Como, non poteva non conoscere la Valtellina. A riprova del fatto che non può trattarsi che di Bormio, osservano che Plinio usa il plurale fontium plurimorum, cioè di molte fonti, e che molte fonti termali tra i gioghi delle Alpi ci sono solo a Bormio, dove ne esistono ben nove.

Chiunque abbia un briciolo di dimestichezza con i classici (non serve un filologo, basta un onesto studente di liceo) e ha letto anche solo qualche brano di quella sterminata opera compilativa che è la Naturalis historia, sa che Plinio, da buon erudito antico, ama palesare le proprie conoscenze e citare luoghi e nomi appena può. Se davvero Plinio avesse sentito parlare delle terme di Bormio, a mio giudizio non avrebbe perso l'occasione per nominarle, cosa che fa invece con Ischia e tutta la serie di altri luoghi citati nel passo. Chi invece probabilmente le cita davvero per primo è Cassiodoro. Certo Cassiodoro non è un nome molto scic, vuoi mettere con Plinio!

Eppure non sono in pochi quelli che ci sono cascati, o quelli che fanno i salti mortali per non smentire un falso pubblicitario del marketing ottocentesco. Ne riparleremo.


mercoledì, gennaio 16, 2008

Prenotazioni pacchetti vacanza e particolarismo locale

L'Italia è la terra dei mille campanili, delle contrade del palio di Siena, delle torri di San Gimignano. La Valtellina non fa certo eccezione. Le famiglie valtellinesi erano famose per la loro litigiosità: pur di non farsi comandare dalla famiglia rivale preferirono sottomettersi ai Grigioni.

Passano gli anni, ma la mentalità è dura a cambiare. Una delle maggiori difficoltà degli operatori turistici locali è quella di capire che bisogna fare sistema: solo proponendosi in maniera unitaria sul mercato globale e internazionale si può sperare di riuscire ad essere concorrenziali. Da una ricerca sul Turismo in Valtellina fatta lo scorso anno è emerso che esistono la bellezza di 12 consorzi turistici sul territorio provinciale: una bella dispersione di energie, oltre che un bello spreco di denaro (anche pubblico).

Un'operazione in controtendenza è quella di alcuni giovani di Bormio che hanno messo online un portale di prenotazione pacchetti vacanza. La novità è stata che sono riusciti a convolgere sia gli albergatori che i fornitori di servizi locali, vale a dire gestori di impianti di risalita, gestori di terme, guide alpine, maestri di sci, istruttori di mountain bike, noleggi sci, golf (e vi assicuro che mettere d'accordo tutta questa gente in una valle stretta come questa non è cosa da poco). In questo modo il turista trova tutto in un solo portale e soprattutto trova un prezzo finale senza extra imprevisti. Insomma sono riusciti a fare sistema in un mercato, come quello di internet, in cui o si fa sistema o non si è nessuno. E pensare che a Bormio nel medioevo c'erano ben 32 torri, quasi come a San Gimignano.

lunedì, gennaio 14, 2008

Castelli in Valtellina

Come mai la Valle d'Aosta è famosa per i suoi castelli, l'Alto Adige pullula di Schlosshotel mentre in Valtellina troviamo quasi solo ruderi? E' una domanda che sorge spontanea percorrendo questa splendida valle e alzando lo sguardo verso le pendici delle sue montagne costellate dai terrazzamenti. La risposta va cercata nella storia della valle e precisamente in quel terribile ventennio tra il 1620 e il 1639, quando i valtellinesi, guidati da Jacopo Robustelli, si ribellarono ai dominatori grigioni e si unirono al Ducato di Milano sotto la Spagna. Al ritorno dei Grigioni, in seguito ad uno dei tanti ribaltamenti delle alleanze che si susseguirono durante la sanguinosa Guerra dei Trent'anni, i dominatori decisero di smantellare tutte le fortezze esistenti, per evitare che i sudditi potessero servirsene per altre ribellioni. E siccome demolire costava tanto quanto costruire, tolsero semplicemente il tetto e lasciarono che le intemperie pensassero al resto.

Uno tra i pochi che si salvarono è Castello Masegra, che domina dall'altro la città di Sondrio, all'imbocco della Valmalenco, valle che collegava il capoluogo valtellinese alla capitale Coira attraverso il passo del Muretto. Come mai questo castello si salvò e gli altri no? Semplicemente perché era diventato la residenza italiana della più potente famiglia grigiona, quella dei Salis, che già allora commerciavano i potenti vini valtellinesi nelle terre tedesche. Oggi il castello è stato parzialmente restaurato e lo scorso marzo è stato aperto un museo storico sui trecento anni di dominazione grigiona.

domenica, gennaio 13, 2008

Agriturismo in Valtellina

Con questo post mi ricollego sia alle famiglie numerose che ai prodotti tipici della valle, argomenti trattati negli ultimi tempi. La Trime (l'articolo è d'obbligo in Lombardia) è un personaggio che merita: ha solo sei figli e quindi è una di quelle donne che non hanno niente da fare. Visto che stava sempre con le mani in mano, qualche anno fa le è venuto in mente di aprire un agriturismo.

All'inizio ha cominciato con una piccola sala nella casa anni sessanta in cui abitava, poi è riuscita a ristrutturare la bella casa contadina di famiglia nel centro del paese di Berbenno e a ricavarne un posto veramente particolare: la sala con il soffitto a volta dal centro affrescato, la stua del seicento che profuma di legno. Se si va fuori stagione e non c'è tanta gente, ti fa visitare anche la tinera e la cantina, ma quello che più mi è rimasto impresso è al piano superiore: un locale con la volta ad ombrello, tipico delle antiche case padronali valtellinesi. Anche la cucina è degna della casa che la ospita: io adoro soprattutto i salumi, le ricotte e le verdure; ma c'è chi preferisce l'orzotto coi funghi o i classici pizzoccheri.

sabato, gennaio 12, 2008

Panun... il panettone valtellinese

Per Natale i miei bambini hanno portato a casa un regalo davvero originale. Quel vulcano della maestra Giuliana, che da anni si batte per la valorizzazione delle tradizioni locali, gli ha insegnato a fare nientepopodimeno che il panun, vale a dire il panettone valtellinese. I bambini si sono divertiti un mondo ad impastare e cuocere quello che un tempo era il tipico dolce di Natale di Sondrio, e soprattutto hanno fatto tutto (o quasi) di nascosto per farci una vera sorpresa.

Per 6 panettoni medi o 8 piccoli servono mezzo chilo di farina bianca, 1 chilo di gheriglio di noci, 2 etti e mezzo di fichi secchi, 2 etti e mezzo di uvetta, 2 uova, 2 etti di zucchero 1 etto e mezzo di burro, 1 bustina di lievito, un cucchiaio di grappa (della Valtellina mi raccomando), un pizzico di sale e latte, anche questo delle nostre vacche di montagna.

Bisogna impastare come per una frolla la farina con lo zucchero, il burro, il lievito, le uova, la grappa e il sale aiutandosi se è il caso (o "se caso" come dicono in dialetto da queste parti) con un po' di latte. Poi, dopo aver triturato le noci e tagliato i fichi a pezzettini, si dispone sul tavolo questa frutta e l'uvetta che prima è stata messa a bagno in acqua, e la si spruzza con un po' di latte. Con santa pazienza si incorpora la frutta nella pasta, quindi si dà una forma allungata al panettone, lo si spennella con tuorlo d'uovo e lo si inforna a 170° per un'ora e un quarto. In caso di dubbi basta chiedere ai bambini!

venerdì, gennaio 11, 2008

Sconti alle Terme

Sempre alla ricerca di sconti... questa volta alle terme. Dal momento che sui siti web compare poco o niente ho scritto. La risposta è stata più che tempestiva, in meno di dodici ore.

Anche alle terme dei Bagni Nuovi e dei Bagni Vecchi ci sono sconti per i valtellinesi: nei giorni feriali (dal lunedì al venerdì) ad esclusione di ponti e festività la tariffa è scontata del 10% sul prezzo del listino, mentre a Bormio Terme è del 20% ma viene praticato soltanto sugli ingressi al settore sport e benessere escluso il thermarium e sugli abbonamenti annuali. Su trattamenti estetici, massaggi e cure termali, non sono previsti sconti.

Insomma muniamoci di carta d'identità, così facciamo anche una scappata in Svizzera per il pieno, e approfittiamone per una pausa rilassante.

lunedì, gennaio 07, 2008

Sconti sci al Palù per famiglie numerose

Nella mia caccia personale agli sconti per lo sci sono venuta a conoscenza di un'ottima notizia. Al Palù c'è lo sconto del 50% sul biglietto (diversificato su funivia e impianti di risalita) per i soci dell'Associazione Nazionale Famiglie Numerose. Usufruirne è semplice: è sufficiente aderire all'associazione ed avere a carico solo quattro figli o, in alternativa, tre figli e un nonno. Non si tratta certo di una possibilità di élite perché, facendo un rapido conto, tra le famiglie dei compagni di scuola (ed ex compagni) dei miei figli ce ne sono almeno una ventina che possono approfittarne. Insomma Sondrio è una città prolifica che investe in risorse umane. Dal momento che ci siamo iscritti penso che un giorno andrò a verificare di che razza di sconto si tratta.

Già che ci sono segnalo anche gli altri sconti riservati alle famiglie numerose: Pizza Pazza di Via Vanoni che sconta del 50% la teglia di pizza, la Cartoleria Nesa di via Fiume che dà un bonus del 10% sugli articoli di cancelleria, il supermercato Di Meglio di Poggi (anche qui il 10%) ed infine la società di calcio Libertas di Albosaggia che iscrive il secondo figlio facendogli pagare la metà e il terzo gratis.

Insomma vale la pena di approfittarne.

domenica, gennaio 06, 2008

Piano anticode in Valtellina

Scendiamo dall'alta Valtellina il pomeriggio di sabato 5 gennaio, vigilia dell'Epifania, tempo di Gabinàt. Fino a Bormio nevischia, quindi togliamo le catene prima delle gallerie. Non c'è traffico... bene, così arriveremo a casa presto.

All'altezza dello svincolo di Lovero troviamo coda ferma. Sono le 17.15. Qualcuno gira e prende la strada per Cologna, ma noi pensiamo di rimanere in coda perché vediamo che il traffico procede a corrente alternata, quindi immaginiamo che ci possa essere un incidente prima del Campone. Arrivati a Sernio non c'è nulla, si procede sempre a passo d'uomo e le strade vicinali che salgono verso Cologna sono piene di neve.

Insomma ci vogliono ben 55 minuti per arrivare all'altezza del ponte sull'Adda e trovare il primo volontario del piano antitraffico. Poi effettivamente si arriva al santuario di Madonna di Tirano in un baleno, soli 5 minuti. Risultato: la coda è stata spostata fuori dalla città, ma è peggio di prima.Per fortuna che il piano funzionava. Che ci sia qualcosa da rivedere?

venerdì, gennaio 04, 2008

Code e sconti in Valtellina

E' dei giornali di oggi la notizia che è stato finalmente attivato un piano anticode per l'attraversamento di Tirano. Ce n'era davvero bisogno perché era diventato un vero supplizio cercare di rientrare a casa ad un'orario decente. Ora i tempi di attraversamento sono più o meno dimezzati, da 40-45 minuti ad una ventina circa. Il nodo della viabilità resta sempre uno dei punti dolenti per il turismo provinciale, ma ciò che c'è di fortemente positivo è che per risolvere l'annoso problema si sono mobilitati enti pubblici e aziende private della media e dell'alta valle.

L'aspetto che mi colpisce è che i tiranesi, penalizzati per ciò che riguarda la viabilità interna cittadina, riceveranno come compensazione una serie di sconti da parte delle aziende coinvolte nel progetto, vale a dire Società Impianti di Bormio e Bagni di Bormio.

Mi incuriosisce conoscere quali siano i termini della questione e chi abbia la possibilità di usufruire dello sconto e a quanto ammonti. Un giro sui siti delle due società non porta assolutamente a nulla. Anche la ricerca avanzata di Google non dà risultati. Provo allora con i siti del Comune di Tirano e della Comunità montana Alta Valtellina, ma anche ritentando non sono più fortunata.

Anche in questo caso, come per gli skipass dell'Aprica e di Santa Caterina sembra sia meglio non far sapere che ci sono delle promozioni e degli sconti per i residenti... chissà, magari potrebbero approfittarne.

giovedì, gennaio 03, 2008

Il vino del contadino

In vino veritas.

I latini avevano una predilezione per i proverbi sul vino. Anche nella poesia di Orazio ci sono continui richiami al vino schietto, quello che si beve per la morte del tiranno, quello che Leuconoe saggiamente filtra e mesce con due parti d'acqua o che il coppiere versa al poeta sotto un pergolato. La loro era una società agricola e il vino faceva parte della loro alimentazione. Oggi invece per molti stappare una bottiglia di vino è un rituale da occasioni speciali, ma non sempre le aspettative vengono soddisfatte.

Un vino che si fa ricordare è il rosso di Valtellina dell'azienda agricola La Capüscena di Buglio in Monte, un'azienda così piccola che non ha sito internet e non c'è nemmeno sulla guida telefonica. Per trovarla bisogna chiamare il numero di casa: 0342-620327. E' il vero vino del contadino, quello col sapore di una volta, del vino che faceva mia nonna. Sergio Codazzi, già enologo della Fondazione Fojanini, e sua moglie Lucia hanno rilevato i vigneti di famiglia, che coltivano con la passione di chi ama davvero la propria terra.

Lucia racconta la fatica del lavoro sui terrazzamenti sotto un sole che picchia, ma anche la gioia e la soddisfazione di vedere la propria fatica ripagata da un apprezzamento che cresce stagione dopo stagione. Tutto viene fatto in casa, o meglio in cantina, come una volta. Lucia e le sue figlie attaccano pure le etichette, con un improbabile cavallino che non si dimentica, in una dimensione del tutto familiare ed artigianale.
Per finire con un altro proverbio: nella botte piccola sta il vino buono.