lunedì, gennaio 28, 2008

Il Conte Diavolo

Il nome del Conte Diavolo, al secolo Galeano Lechi, è legato a leggende e paure. Quando da bambina salivamo, stipati sulla giardinetta, verso l'Alta valle e superavamo il ponte del Diavolo, distrutto dall'immane frana della val Pola, mia madre ci teneva buoni raccontandoci le vicende romanzate di questo terrificante personaggio.

Ma chi era Galeano Lechi? Questo personaggio, di nobile famiglia bresciana, era approdato a Bormio nel 1785, dopo essere evaso dai Piombi di Venezia dove era stato recluso per un omicidio. L'appartenenza di Bormio allo stato delle Tre Leghe, che negli ultimi decenni aveva pessimi rapporti con la Serenissima, garantendolo contro un'eventuale estradizione, e la vicinanza alla famiglia, che non mancava di mantenerlo dalla vicina Brescia, gli avevano fatto scegliere il borgo valtellinese come residenza.

Qui lo venivano a trovare i nipoti da Brescia che lo tenevano aggiornato sui nuovi fermenti giacobini e sui preparativi di Napoleone, che mirava ad abbattere l'ormai esausto dominio di Venezia, quello che alcuni storici hanno definito uno splendido cadavere. Nella sua casa di Bormio si raccolse ben presto un gruppo di giovani scontenti dell'immobilismo del dominio grigione e desiderosi di una svolta: per loro il conte rappresentava il contatto con la novità.

All'inizio del 1797 i francesi si affacciarono alle porte della Valtellina e i suoi abitanti risposero entusiasticamente. Il 19 giugno i comuni valtellinesi proclamarono la propria libertà dal giogo grigione, seguiti poco dopo dal contado di Chiavenna. Mancava solo il contado di Bormio che però non sentiva alcuna necessità di proclamare una libertà di cui già di fatto godeva, in quanto il dominio grigione nella Magnifica Terra era più blando che altrove. I Bormini cercarono di prendere tempo, pressati da un lato dalla presenza delle truppe napoleoniche nel Ducato di Milano, dall'altro dalle lusinghe di Coira. Il 9 luglio "con dispiacer di popolo", come raccontano alcuni documenti privati, i membri del consiglio del contado proclamarono "all'unanimità", come raccontano invece i documenti ufficiali, il distacco dai Grigioni.

Galeano Lechi che nel frattempo si era recato a Milano e a Brescia, liberata dalle truppe francesi, fece ritorno in valle passando però prima per Sondrio, Ponte e Tirano dove incontrò i giacobini locali. Il 12 luglio si incrociò all'osteria di Bolladore con i rappresetanti dei contado di Bormio che stavano scendendo a Milano per reclamare le proprie autonomie locali (evidentemente non avevano capito bene in che cosa consistesse l'égalité rivoluzionaria, o forse ci provavano), ma il conte li fece arrestare poco dopo: era lo scontro tra due diversi modi di intendere la libertà, uno ancorato ad un'antica forma di democrazia patriarcale, il secondo nuovo e rivoluzionario.

Il Conte Diavolo giunse quindi a Bormio e nel giro di una settimana, dal 15 al 23 luglio cercò di portare avanti il suo programma rivoluzionario e spregiudicato che sovvertiva dalle fondamenta le antiche costumanze. Scrisse sulla porta del Palazzo Pretorio "o libertà o morte", bruciò in piazza gli strumenti penali e la colonna della berlina, distrusse la forca. Ciononostrante i Bormini cercarono di far partire nuovamente i loro rappresentanti per Milano. Il Conte lo seppe e cercò di seguirli con altri tre compagni, ma giunto nei pressi di Cepina venne bloccato da una quarantina di uomini armati della Valle di Sotto e fucilato assieme a due dei suoi compagni presso la baita di un tale Giuseppe Walser. Il corpo, indegno di sepoltura, venne buttato nell'Adda, dove riaffiorò poco sopra Le Prese, vicino ad un ponte che da allora si chiamò Ponte del Diavolo. Era il 23 luglio 1797.

Centonovanta anni più tardi, proprio negli stessi giorni di luglio, dal 19 al 28, ci sarebbe stata un'altra settimana infernale e quello stesso Ponte del Diavolo sarebbe stato distrutto dall'immensa frana della val Pola.

sabato, gennaio 26, 2008

Carnevale a Bormio

A Sant Antòni abát al sálta fòra tüc i mat. Così cominciava un tempo il carnevale bormino, il 17 gennaio, festa di Sant'Antonio abate, giorno in cui cominciava ufficialmente e... saltavano fuori tutti i matti. Molte usanze sono legate a questo periodo dell'anno a partire da quella del Podestà di mat.

Negli ultimi giorni di Carnevale infatti il popolo si radunava nella piazza principale del borgo sotto il Kuèrc, il luogo dove si tenevano le adunanze e si amministrava la giustizia. Qui veniva eletto un principe buffone carnevalesco che aveva illimitata giurisdizione anche sul podestà e sui reggenti del contado, che venivano per quei giorni sospesi dall'esercizio delle loro funzioni. Durante il suo breve regno il Podestà di mat passava di casa in casa per ricevere cibo e denaro, per spassarsela in feste e gozzoviglie. I novelli sposi dovevano riscattare la moglie che gli veniva rapita e il giovedì grasso si distribuiva la polenta ai poveri del paese, tra le satire e gli sberleffi di un arlecchino.

venerdì, gennaio 25, 2008

Polenta taragna

Questo sì che è un piatto tipicamente valtellinese, anzi assieme ai pizzoccheri è la pietanza che caratterizza la cucina della Valtellina. Innanzitutto due parole sul termine taragna e sul suo significato. Come i taroz, deriva dalla dialettale "tarare" cioè mischiare: infatti è necessario non smettere mai di tararla così che non si attacchi sul fondo del paiolo.

Per quattro persone occorrono due litri d'acqua e 400 gr. di farina gialla di mais e 100 gr. di farina di grano saraceno, burro e formaggio scimud o casera. Si fa bollire l'acqua nel paiolo di rame e si versano a pioggia le farine già miscelate, facendole bollire per circa un'ora cioè fino a quando la polenta si stacca dalla crosta che si è formata sul bordo del paiolo. A questo punto invece che terminare la cottura (come per la polenta concia) vi si incorpora 50-100 gr di burro e altrettanti di formaggio, completando la cottura per altri 5 minuti finché non sono ben sciolti. Ora non resta che toglierla dal fuoco e servirla sul tagliere.

In commercio negli ultimi tempi si trovano anche delle farine precotte già miscelate... non è certo la stessa cosa e non ha sicuramente la poeticità e il sapore della polenta cotta sulla stufa, ma tante volte dobbiamo anche fare i conti col tempo.

giovedì, gennaio 24, 2008

Cassiodoro e le terme di Bormio

Torniamo a parlare dell'argomento terme. Se Plinio alle terme di Bormio non ha mai messo piede, Cassiodoro invece probabilmente sì.

Ma chi era questo personaggio dal nome tanto singolare (in realta significa dono di Cassio, che a sua volta vuol dire elmo metallico)? Ai suoi tempi era un pezzo grosso: un letterato e uno statista, ministro plenipontenziario del regno dei Goti in Italia, vale a dire il braccio destro del re Teodato. E' appunto scrivendo al suo re nel 535-36 d.C. che egli nomina le virtù terapeutiche delle "aquas Bormias" per la cura di una "limosae podagrae" vale a dire della gotta. Questa volta vi risparmio il testo in latino, che i più curiosi o puntigliosi possono però consultare qui (Variae, X, XXVIIII, 1).

Ora i più pignoli osservano che anche ad Acqui Terme, sul fiume Bormida, ci sono delle acque termali terapeutiche. Questa località in epoca romana era però nota con un nome diverso cioè Aquae Statiellae, per cui l'identificazione con Bormio, nota per la cura della gotta anche in documenti di età medioevale di sicura attribuzione, è pressoché certa. Non sono l'unica a pensarla così: il fatto che anche la bibbia della toponomastica, vale a dire Dante Olivieri (Dizionario di toponomastica lombarda, p. 101) la pensi allo stesso modo, mi conforta.

lunedì, gennaio 21, 2008

Pizzoccheri di Chiavenna

Forse non tutti sanno che in Valchiavenna si mangiano dei pizzoccheri bianchi molto diversi dai tradizionali pizzocchieri valtellinesi. Si tratta di gnocchetti che tradizionalemente erano a base di sola farina bianca (400 gr. per 4 persone) e latte. Oggi per renderli più morbidi si preferisce aggiungervi un panino raffermo ammollato nel latte o una patata lessa. Con questi ingredienti più sale e pepe si forma un impasto morbido a forma di salsiccia larga un dito, lo si mette su un tagliere e si tagliano dei piccoli gnocchi lunghi 2 centimetri.

Li si fa cuocere in abbondante acqua salata, magari aggiungendovi una patata, e li si scola quando vengono a galla come gli gnocchi. Il condimento è quello tradizionale dei pizzoccheri valtellinesi, vale a dire aglio e salvia soffritti nel burro (50 gr.) e formaggio di latteria morbido, che a Chiavenna si chiama magnocca, una specie di scimud (50-100 gr. a seconda dei gusti). Buon appetito!


domenica, gennaio 20, 2008

Sciare a Santa Caterina

Dovendo sistemare alcune pratiche per il teleriscaldamento, oggi ne abbiamo approfittato per tornare a sciare a Santa Caterina Valfurva. Ci siamo svegliati con tutto comodo e siamo partiti con il pic nic per l'Alta Valle. La giornata era calda, quasi primaverile, sembrava quasi fine febbraio-marzo.

Il clima è proprio cambiato. Ricordo che da ragazzina verso la metà di gennaio avevo fatto una discesa libera sulla vecchia pista Bucaneve (oggi rinominata Deborah Compagnoni). Dopo la prima non stop eravano risalite con i due vecchi ski-lift con addosso le sole tute da discesa. Un freddo bestiale, lo ricordo ancora. Credo ci fossero 10 o 15 gradi sottozero. Gli allenatori avevano lasciato le tute alla partenza e non c'era il tempo per scaldarsi. Risultato: eravamo cadute tutte, ma per fortuna nessuna si era fatta male. Il giorno dopo tutte in pista, per superare la paura di cadere. Lo sci si faceva così, parola di Giorgio Compagnoni, il nostro allenatore.

Oggi invece si stava davvero bene il sole d'alta quota ti scaldava piacevolmente. La nevicata di quest'ultima settimana ha portato un metro di neve fresca, un metro di neve invernale soffice, altro che quella sparata dai cannoni. Abbiamo sciato ancora una volta in Valle dell'Alpe, su e giù dalla nuova seggiovia. Non vedo l'ora che il sole si alzi e si possa sciare al sole anche sul Sobretta davanti. perché la bellezza di Santa Caterina è davvero sciare su piste difficili ed assolate.

Il rientro questa volta è stato più veloce. Abbiamo attraversato Tirano in soli quindici minuti e siamo riusciti a prendere un pezzetto di messa al Santuario della Madonna. Ah dimenticavo: oggi il pomeridiano per gli adulti costava solamente 11 euro.

sabato, gennaio 19, 2008

Polenta concia

Sarà anche un piatto valdostano o piemontese, ma anche in Valtellina lo si mangia volentieri. Ne ho già parlato in un altro blog, ma lì non si parlava di ricette e vi assicuro che nessuno da queste parti immagina che non sia un piatto locale.

Noi la facciamo con un terzo di grano saraceno due terzi di farina gialla come per la polenta taragna (ma più spesso si fa a occhio). Bisogna mettere sul fuoco un paiolo di rame, ma se si ha la fortuna di avere una stufa a legna il sapore è nettamento diverso, con due litri di acqua e quando comincia a bollire versarci a pioggia la farina già miscelata, tarandola, cioè mescoladola, vigorosamente così che non si formino grumi. Poi bisogna continuare a tararla con un movimento dal basso del paiolo verso l'alto.

Dopo un'ora e dopo essersi fatti dei buoni muscoli, la polenta è cotta e la si mette sul tagliere. Nel frattempo si è fatta soffriggere una cipolla nel burro. E' arrivato il momento di tagliare a fette la polenta: la si mette una fetta in una pirofila e la si cosparge di formaggio Scimud tagliato a dadini e burro fuso con cipolla, poi una nuova fetta di polenta e ancora burro e formaggio, poi ancora polenta e burro per terminare col formaggio. Insomma un altro piatto della tradizione, leggero leggero per stomaci delicati. Buon appetito.

venerdì, gennaio 18, 2008

Ultima nevicata al Palù


Negli ultimi tempi la neve è finalmente arrivata ed ha imbiancato i picchi delle montagne e i boschi a mezza costa: ce n'era davvero bisogno. La valle ha acquisito così la sua veste invernale, dominata dal bianco della neve e dall'azzurro del cielo.

Mercoledì le mie figlie sono tornate bagnate fradicie dallo sci: erano andate con il CAI a Chiesa in Valmalenco e avevano fatto lezione di sci sotto una fitta nevicata. Oggi ho accompagnato anch'io 51 bambini del CAI e finalmente, dopo aver affidato la truppa ai maestri di sci, sono andata a sciare. C'era una neve incredibile (un metro e mezzo di neve fresca dicono i dati ufficiali) come non mi capitava da tempo e un sole caldo. Al Palù ho trovato anche degli amici che, grazie al part-time come me, erano riusciti a ritagliarsi una mezza giornata di libertà per una sana sciata.

Dopo alcune discese al sole sulla pista di Campolungo e sulla nuova seggiovia aperta due anni fa che nel pomeriggio è completamente esposta al sole, ci siamo avventurati sulla pista Thöni, una delle nere più impegnative della valle. Mi è sembrato di tornare indietro di trent'anni, quando da ragazzina facevo le gare di sci. Solo neve naturale senza nemmeno l'ombra di un cannone, neve invernale battuta prevalentemente dal passaggio degli sciatori e non dai gatti. Una pacchia! Certo che il muro finale è abbastanza impegnativo, le mie gambe non sono più quelle di una volta.

giovedì, gennaio 17, 2008

Plinio il Vecchio e le terme di Bormio

O meglio dovrei titolare: Plinio il Vecchio e il falso delle terme di Bormio. Sì perché secondo me il fatto che Plinio ne parli nella sua Naturalis historia è una bufala bella e buona. Già qualche tempo fa avevo postato la traduzione del passo in questione intitolato "Mirabilia fontium et fluminum". Qui mi limito a riportare la prima frase del passo: "Ma la natura è stupefacente per il calore di innumerevoli fonti, cosa che avviene anche tra i gioghi delle Alpi e pure all’interno del mare tra l’Italia e Ischia nel golfo di Baia e all’interno del fiume Liri e in molti altri".

Alcuni "cultori" di storia locale prendono il passo in questione, ma ne riportano solo la prima parte, fino ad Alpi. Poi argomentano che, siccome Plinio era di Como, non poteva non conoscere la Valtellina. A riprova del fatto che non può trattarsi che di Bormio, osservano che Plinio usa il plurale fontium plurimorum, cioè di molte fonti, e che molte fonti termali tra i gioghi delle Alpi ci sono solo a Bormio, dove ne esistono ben nove.

Chiunque abbia un briciolo di dimestichezza con i classici (non serve un filologo, basta un onesto studente di liceo) e ha letto anche solo qualche brano di quella sterminata opera compilativa che è la Naturalis historia, sa che Plinio, da buon erudito antico, ama palesare le proprie conoscenze e citare luoghi e nomi appena può. Se davvero Plinio avesse sentito parlare delle terme di Bormio, a mio giudizio non avrebbe perso l'occasione per nominarle, cosa che fa invece con Ischia e tutta la serie di altri luoghi citati nel passo. Chi invece probabilmente le cita davvero per primo è Cassiodoro. Certo Cassiodoro non è un nome molto scic, vuoi mettere con Plinio!

Eppure non sono in pochi quelli che ci sono cascati, o quelli che fanno i salti mortali per non smentire un falso pubblicitario del marketing ottocentesco. Ne riparleremo.


mercoledì, gennaio 16, 2008

Prenotazioni pacchetti vacanza e particolarismo locale

L'Italia è la terra dei mille campanili, delle contrade del palio di Siena, delle torri di San Gimignano. La Valtellina non fa certo eccezione. Le famiglie valtellinesi erano famose per la loro litigiosità: pur di non farsi comandare dalla famiglia rivale preferirono sottomettersi ai Grigioni.

Passano gli anni, ma la mentalità è dura a cambiare. Una delle maggiori difficoltà degli operatori turistici locali è quella di capire che bisogna fare sistema: solo proponendosi in maniera unitaria sul mercato globale e internazionale si può sperare di riuscire ad essere concorrenziali. Da una ricerca sul Turismo in Valtellina fatta lo scorso anno è emerso che esistono la bellezza di 12 consorzi turistici sul territorio provinciale: una bella dispersione di energie, oltre che un bello spreco di denaro (anche pubblico).

Un'operazione in controtendenza è quella di alcuni giovani di Bormio che hanno messo online un portale di prenotazione pacchetti vacanza. La novità è stata che sono riusciti a convolgere sia gli albergatori che i fornitori di servizi locali, vale a dire gestori di impianti di risalita, gestori di terme, guide alpine, maestri di sci, istruttori di mountain bike, noleggi sci, golf (e vi assicuro che mettere d'accordo tutta questa gente in una valle stretta come questa non è cosa da poco). In questo modo il turista trova tutto in un solo portale e soprattutto trova un prezzo finale senza extra imprevisti. Insomma sono riusciti a fare sistema in un mercato, come quello di internet, in cui o si fa sistema o non si è nessuno. E pensare che a Bormio nel medioevo c'erano ben 32 torri, quasi come a San Gimignano.

lunedì, gennaio 14, 2008

Castelli in Valtellina

Come mai la Valle d'Aosta è famosa per i suoi castelli, l'Alto Adige pullula di Schlosshotel mentre in Valtellina troviamo quasi solo ruderi? E' una domanda che sorge spontanea percorrendo questa splendida valle e alzando lo sguardo verso le pendici delle sue montagne costellate dai terrazzamenti. La risposta va cercata nella storia della valle e precisamente in quel terribile ventennio tra il 1620 e il 1639, quando i valtellinesi, guidati da Jacopo Robustelli, si ribellarono ai dominatori grigioni e si unirono al Ducato di Milano sotto la Spagna. Al ritorno dei Grigioni, in seguito ad uno dei tanti ribaltamenti delle alleanze che si susseguirono durante la sanguinosa Guerra dei Trent'anni, i dominatori decisero di smantellare tutte le fortezze esistenti, per evitare che i sudditi potessero servirsene per altre ribellioni. E siccome demolire costava tanto quanto costruire, tolsero semplicemente il tetto e lasciarono che le intemperie pensassero al resto.

Uno tra i pochi che si salvarono è Castello Masegra, che domina dall'altro la città di Sondrio, all'imbocco della Valmalenco, valle che collegava il capoluogo valtellinese alla capitale Coira attraverso il passo del Muretto. Come mai questo castello si salvò e gli altri no? Semplicemente perché era diventato la residenza italiana della più potente famiglia grigiona, quella dei Salis, che già allora commerciavano i potenti vini valtellinesi nelle terre tedesche. Oggi il castello è stato parzialmente restaurato e lo scorso marzo è stato aperto un museo storico sui trecento anni di dominazione grigiona.

domenica, gennaio 13, 2008

Agriturismo in Valtellina

Con questo post mi ricollego sia alle famiglie numerose che ai prodotti tipici della valle, argomenti trattati negli ultimi tempi. La Trime (l'articolo è d'obbligo in Lombardia) è un personaggio che merita: ha solo sei figli e quindi è una di quelle donne che non hanno niente da fare. Visto che stava sempre con le mani in mano, qualche anno fa le è venuto in mente di aprire un agriturismo.

All'inizio ha cominciato con una piccola sala nella casa anni sessanta in cui abitava, poi è riuscita a ristrutturare la bella casa contadina di famiglia nel centro del paese di Berbenno e a ricavarne un posto veramente particolare: la sala con il soffitto a volta dal centro affrescato, la stua del seicento che profuma di legno. Se si va fuori stagione e non c'è tanta gente, ti fa visitare anche la tinera e la cantina, ma quello che più mi è rimasto impresso è al piano superiore: un locale con la volta ad ombrello, tipico delle antiche case padronali valtellinesi. Anche la cucina è degna della casa che la ospita: io adoro soprattutto i salumi, le ricotte e le verdure; ma c'è chi preferisce l'orzotto coi funghi o i classici pizzoccheri.

sabato, gennaio 12, 2008

Panun... il panettone valtellinese

Per Natale i miei bambini hanno portato a casa un regalo davvero originale. Quel vulcano della maestra Giuliana, che da anni si batte per la valorizzazione delle tradizioni locali, gli ha insegnato a fare nientepopodimeno che il panun, vale a dire il panettone valtellinese. I bambini si sono divertiti un mondo ad impastare e cuocere quello che un tempo era il tipico dolce di Natale di Sondrio, e soprattutto hanno fatto tutto (o quasi) di nascosto per farci una vera sorpresa.

Per 6 panettoni medi o 8 piccoli servono mezzo chilo di farina bianca, 1 chilo di gheriglio di noci, 2 etti e mezzo di fichi secchi, 2 etti e mezzo di uvetta, 2 uova, 2 etti di zucchero 1 etto e mezzo di burro, 1 bustina di lievito, un cucchiaio di grappa (della Valtellina mi raccomando), un pizzico di sale e latte, anche questo delle nostre vacche di montagna.

Bisogna impastare come per una frolla la farina con lo zucchero, il burro, il lievito, le uova, la grappa e il sale aiutandosi se è il caso (o "se caso" come dicono in dialetto da queste parti) con un po' di latte. Poi, dopo aver triturato le noci e tagliato i fichi a pezzettini, si dispone sul tavolo questa frutta e l'uvetta che prima è stata messa a bagno in acqua, e la si spruzza con un po' di latte. Con santa pazienza si incorpora la frutta nella pasta, quindi si dà una forma allungata al panettone, lo si spennella con tuorlo d'uovo e lo si inforna a 170° per un'ora e un quarto. In caso di dubbi basta chiedere ai bambini!

venerdì, gennaio 11, 2008

Sconti alle Terme

Sempre alla ricerca di sconti... questa volta alle terme. Dal momento che sui siti web compare poco o niente ho scritto. La risposta è stata più che tempestiva, in meno di dodici ore.

Anche alle terme dei Bagni Nuovi e dei Bagni Vecchi ci sono sconti per i valtellinesi: nei giorni feriali (dal lunedì al venerdì) ad esclusione di ponti e festività la tariffa è scontata del 10% sul prezzo del listino, mentre a Bormio Terme è del 20% ma viene praticato soltanto sugli ingressi al settore sport e benessere escluso il thermarium e sugli abbonamenti annuali. Su trattamenti estetici, massaggi e cure termali, non sono previsti sconti.

Insomma muniamoci di carta d'identità, così facciamo anche una scappata in Svizzera per il pieno, e approfittiamone per una pausa rilassante.

lunedì, gennaio 07, 2008

Sconti sci al Palù per famiglie numerose

Nella mia caccia personale agli sconti per lo sci sono venuta a conoscenza di un'ottima notizia. Al Palù c'è lo sconto del 50% sul biglietto (diversificato su funivia e impianti di risalita) per i soci dell'Associazione Nazionale Famiglie Numerose. Usufruirne è semplice: è sufficiente aderire all'associazione ed avere a carico solo quattro figli o, in alternativa, tre figli e un nonno. Non si tratta certo di una possibilità di élite perché, facendo un rapido conto, tra le famiglie dei compagni di scuola (ed ex compagni) dei miei figli ce ne sono almeno una ventina che possono approfittarne. Insomma Sondrio è una città prolifica che investe in risorse umane. Dal momento che ci siamo iscritti penso che un giorno andrò a verificare di che razza di sconto si tratta.

Già che ci sono segnalo anche gli altri sconti riservati alle famiglie numerose: Pizza Pazza di Via Vanoni che sconta del 50% la teglia di pizza, la Cartoleria Nesa di via Fiume che dà un bonus del 10% sugli articoli di cancelleria, il supermercato Di Meglio di Poggi (anche qui il 10%) ed infine la società di calcio Libertas di Albosaggia che iscrive il secondo figlio facendogli pagare la metà e il terzo gratis.

Insomma vale la pena di approfittarne.

domenica, gennaio 06, 2008

Piano anticode in Valtellina

Scendiamo dall'alta Valtellina il pomeriggio di sabato 5 gennaio, vigilia dell'Epifania, tempo di Gabinàt. Fino a Bormio nevischia, quindi togliamo le catene prima delle gallerie. Non c'è traffico... bene, così arriveremo a casa presto.

All'altezza dello svincolo di Lovero troviamo coda ferma. Sono le 17.15. Qualcuno gira e prende la strada per Cologna, ma noi pensiamo di rimanere in coda perché vediamo che il traffico procede a corrente alternata, quindi immaginiamo che ci possa essere un incidente prima del Campone. Arrivati a Sernio non c'è nulla, si procede sempre a passo d'uomo e le strade vicinali che salgono verso Cologna sono piene di neve.

Insomma ci vogliono ben 55 minuti per arrivare all'altezza del ponte sull'Adda e trovare il primo volontario del piano antitraffico. Poi effettivamente si arriva al santuario di Madonna di Tirano in un baleno, soli 5 minuti. Risultato: la coda è stata spostata fuori dalla città, ma è peggio di prima.Per fortuna che il piano funzionava. Che ci sia qualcosa da rivedere?

venerdì, gennaio 04, 2008

Code e sconti in Valtellina

E' dei giornali di oggi la notizia che è stato finalmente attivato un piano anticode per l'attraversamento di Tirano. Ce n'era davvero bisogno perché era diventato un vero supplizio cercare di rientrare a casa ad un'orario decente. Ora i tempi di attraversamento sono più o meno dimezzati, da 40-45 minuti ad una ventina circa. Il nodo della viabilità resta sempre uno dei punti dolenti per il turismo provinciale, ma ciò che c'è di fortemente positivo è che per risolvere l'annoso problema si sono mobilitati enti pubblici e aziende private della media e dell'alta valle.

L'aspetto che mi colpisce è che i tiranesi, penalizzati per ciò che riguarda la viabilità interna cittadina, riceveranno come compensazione una serie di sconti da parte delle aziende coinvolte nel progetto, vale a dire Società Impianti di Bormio e Bagni di Bormio.

Mi incuriosisce conoscere quali siano i termini della questione e chi abbia la possibilità di usufruire dello sconto e a quanto ammonti. Un giro sui siti delle due società non porta assolutamente a nulla. Anche la ricerca avanzata di Google non dà risultati. Provo allora con i siti del Comune di Tirano e della Comunità montana Alta Valtellina, ma anche ritentando non sono più fortunata.

Anche in questo caso, come per gli skipass dell'Aprica e di Santa Caterina sembra sia meglio non far sapere che ci sono delle promozioni e degli sconti per i residenti... chissà, magari potrebbero approfittarne.

giovedì, gennaio 03, 2008

Il vino del contadino

In vino veritas.

I latini avevano una predilezione per i proverbi sul vino. Anche nella poesia di Orazio ci sono continui richiami al vino schietto, quello che si beve per la morte del tiranno, quello che Leuconoe saggiamente filtra e mesce con due parti d'acqua o che il coppiere versa al poeta sotto un pergolato. La loro era una società agricola e il vino faceva parte della loro alimentazione. Oggi invece per molti stappare una bottiglia di vino è un rituale da occasioni speciali, ma non sempre le aspettative vengono soddisfatte.

Un vino che si fa ricordare è il rosso di Valtellina dell'azienda agricola La Capüscena di Buglio in Monte, un'azienda così piccola che non ha sito internet e non c'è nemmeno sulla guida telefonica. Per trovarla bisogna chiamare il numero di casa: 0342-620327. E' il vero vino del contadino, quello col sapore di una volta, del vino che faceva mia nonna. Sergio Codazzi, già enologo della Fondazione Fojanini, e sua moglie Lucia hanno rilevato i vigneti di famiglia, che coltivano con la passione di chi ama davvero la propria terra.

Lucia racconta la fatica del lavoro sui terrazzamenti sotto un sole che picchia, ma anche la gioia e la soddisfazione di vedere la propria fatica ripagata da un apprezzamento che cresce stagione dopo stagione. Tutto viene fatto in casa, o meglio in cantina, come una volta. Lucia e le sue figlie attaccano pure le etichette, con un improbabile cavallino che non si dimentica, in una dimensione del tutto familiare ed artigianale.
Per finire con un altro proverbio: nella botte piccola sta il vino buono.