sabato, febbraio 23, 2008

Il sentiero della Sassella



La classica passeggiata dei sondriesi è quella al santuario della Madonna della Sassella. Dal centro cittadino il percorso dura circa un'ora e si snoda in piano lungo la via Valeriana, l'antica strada che percorreva a mezza costa tutta la valle.




Il percorso ha grande valore storico e paesistico in quanto nell'ultimo tratto è interamente circondato dai terrazzamenti con i vigneti del Sassella, terrazzamenti frutto della fatica di generazioni e generazioni di contadini che trasportarono la terra dal fondovalle con le gerle.




Durante la Controriforma lungo questo tracciato sorsero diverse cappelle, una sorta di piccolo Sacro Monte mai terminato perché ne vennero edificate solamente cinque sulle dodici previste. Fino a pochi anni fa nell'ultima di queste cappelle, in una rientranza del sentiero vicino ad un ruscello, era possibile ammirare le statue ligneee dei dodici apostoli e della Vergine, statue che sono state trasportate al museo di Sondrio per un restauro.


Dopo circa un'ora di cammino si giunge al borgo della Sassella, dove sorge la chiesa dedicata alla Vergine.
Secondo la tradizione il santuario era stato fondato nel 932 in seguito ad una richiesta fatta dalla Madonna apparsa all'arciprete di Sondrio. L'edificio attuale è però databile al XV secolo ed è caratterizzato da un elegante portico e un singolare campanile pentagonale che si scorge anche dalla statale poco prima di giungere a Sondrio. Anche il borgo ha un fascino particolare, con le vecchie case risistrutturate e un acciottolato che sa di tempi che furono.




Da qui si può prendere il sentiero che sale tra le vigne fino a raggiungere, in una ventina di minuti, la frazione di Triasso, dalla quale si gode di una vista spettacolare sulla valle e sull'Adda.





Non sembra di trovarsi sulle Alpi in un contesto di montagna. Anche in inverno si può camminare in maglietta e se si fa attenzione è possibile scoprire che tra i sassi dei muretti a secco ci sono alcuni esempi di piante grasse tipiche della flora mediterranea.

domenica, febbraio 17, 2008

Incisioni rupestri di Triasso


Le incisioni rupestri di Triasso non sono note nemmeno agli stessi sondriesi, eppure su tutto il versante del monte Rolla sono stati scoperti diversi siti con ritrovamenti preistorici che portano ad ipotizzare insediamenti dell'età del ferro lungo tutto il versante retico della Valtellina.



Nel comune di Sondrio e nelle sue immediate vicinanze vi sono infatti ben cinque siti preistorici, tutti posti in una posizione dominante sulla valle, vale a dire a Triangia, presso la chiesa di S. Bartolomeo, all'imbiocco della Val di Togno e al Castel Grumello. Vi si trovano prevalentemente delle coppelle, ma in prossimità di Triasso vi sono disegni più complessi che richiamano da vicino le più famiose incisioni della Rupe Magna di Grosio e quelle della Valle Camonica.

Per visitare le incisioni di Triasso vale la pena di lasciare la macchina nella piazzetta della frazione, che si trova in una conca riparata alla vista proprio al di sopra della frazione della Sassella, e proseguire tra le vigne verso ovest sulla strada in leggera salita. Dopo circa venti minuti sulla destra si scorgono una casa ed un rustico isolati e poco dopo si diparte una strada che li raggiunge. Accanto al rustico vi è un masso liscio sul quale si riconoscono diversi oranti e una rosa camuna. Una passeggiata domenicale emozionante.

lunedì, febbraio 11, 2008

Salvatore Quasimodo a Sondrio

Ma che c'entra Salvatore Quasimodo con la Valtellina? Che ci fa il poeta siciliano, premio Nobel per la letteratura, poeta ermetico e traduttore impareggiabile di poesia antica tra le aspre montagne retiche? Nella raccolta poetica "Ed è subito sera" compaiono due liriche che evocano inequivocabilmente il paesaggio valtellinese. Si tratta di "La dolce collina" e "Sera nella valle del Masino".

La prima è forse la più nota e viene quantomeno citata dai libri locali che parlano del paese di Ardenno: qualcuno ha pure pensato di dare un nome alla donna con "un fiore di corallo tra i capelli" cercandola tra le abitanti delle "scure case del borgo" dal quale il poeta ascolta l'Adda. In ogni caso il verso "la dolce collina d'Ardenno" ci sta bene sugli opuscoli turistici e viene quindi riportato, magari anche solo come citazione.

Sorte opposta è toccata invece all'altra lirica, vuoi per l'oscurità del linguaggio ermetico, vuoi per l'aria cupa che vi si respira. Versi come "Presto la rana cresce il verde: è foglia" ricordano più le sestine del trobar clus della poesia delle origini, che le chiazze di colore di altre più famose poesie di Quasimodo:"Ride la gazza, nera sugli aranci". Ma versi come "e l'allarme / è un canto di cupo dialetto" o locuzioni quali "cesure straziate", "lamento del corvo", "immutabile la noia", "freddo pietoso" non danno della Valtellina un'immagine felice da cartolina illustrata e sono quindi state censurate dai cultori di storia e di memorie locali.

Del resto Quasimodo non venne a Sondrio per scelta. Nel 1934, in qualità di geometra provvisorio presso il Genio Civile, ottenne un trasferimento a Milano, ma un capo ufficio che non amava i poeti lo confinò in Valtellina. Presso gli uffici di Piazzale Lambertenghi trascorreva il minor tempo possibile, tanto che venne tacciato di essere un impiegato inconcludente e si guadagnò pure un richiamo ufficiale. Infatti non appena poteva prendeva il treno per tornare a Milano dove trascorreva il tempo con artisti e giornalisti nei più famosi caffé della città. Sul treno, che andava e veniva, corteggiava però le maestrine e le invitava ad abbandonare lo studio di Carducci per rivolgersi a poeti più moderni.

Insomma le donne tornavano sempre nei suoi discorsi così come nelle sue poesie.


venerdì, febbraio 08, 2008

Leonardo da Vinci e le terme di Bormio

"In testa alla Valtolina è la montagna di Bormi. Terribili piene sempre di neve; qui nasce ermellini. A Bormi sono i bagni. Valtolina come detto valle circumdata d'alti terribili monti. Fa vini potentissimi e assai e fa tanto bestiame che da paesani è concluso nascervi più latte che vino. Questa è la valle dove passa Adda, la quale corre più che 40 miglia per la Magna."

Così Leonardo da Vinci descrive succintamente la Valtellina nel Codice Atlantico. Gli storici non sono riusciti a rintracciare una prova certa della conoscenza diretta del territorio valtellinese da parte di Leonardo. Si ipotizza che potesse essere al seguito di Bianca Maria Sforza, la bella nipote prediletta dello spregiudicato Ludovico il Moro, andata sposa all'imperatore Massimiliano d'Asburgo, già vedovo della prima moglie. Il matrimonio era stato celebrato per procura nel dicembre del 1493 e la sposa, dovendo raggiungere il marito a Innsbruck, transitò per la valle fermandosi alcuni giorni a Bormio, ospite della famiglia Alberti, prima di affrontare il temibile passo dell'Umbrail.

Il fatto che alcuni elementi essenziali del paesaggio della Magnifica Terra compaiano nella descrizione leonardesca ha fatto pensare ad una conoscenza diretta del territorio. Le montagne incombenti e piene di neve che incutono terrore a chi è abituato al dolce paesaggio collinare toscano, gli ermellini, le terme. E poi ancora altri elementi che fanno pensare al viaggio lungo la valle, come il vino e il bestiame, che ancor oggi rappresentano gli elementi di punta delle produzioni tipiche locali.

Ipotesi suggestive sì, ma certezze anche questa volta non ne abbiamo.

martedì, febbraio 05, 2008

Pista Deborah Compagnoni

Una delle emozioni più belle in montagna è risvegliarsi al mattino dopo che ha nevicato tutta la notte. Stamani il cielo era azzurro e terso, la neve farinosa e soffice, il paesaggio fatato con tutti gli abeti incappucciati di bianco. Dovendo tornare a lavorare nel pomeriggio, siamo saliti presto facendo l'antimeridiana, meno di 60 euro in sei persone: una pacchia.

Dalla cabinovia si vedeva la pista parzialmente battuta e e parzialmente coperta dalla neve fresca. Arrivati in cresta al Sobretta abbiamo deciso di scendere sul davanti, portando anche i bambini. La pista dedicata a Deborah Compagnoni è una nera, è piuttosto dura, ma se non è ghiacciata è una bellezza e anche loro ormai riescono a scendere. La prima volta abbiamo scelto la variante sul Sobretta davanti, seguendo il tracciato della vecchia libera femminile, quella che arrivava alla Fonte. Dopo anni ho riprovato l'ebrezza dello sci in neve fresca, quaranta centimetri di neve farinosa stupenda su fondo battuto, quindi nessun rischio né per me né per gli altri. E' stupendo scendere per primi e lasciare le proprie scie come uno scodinzolo sulla neve.

Poi siamo risaliti in valle dell'Alpe a prendere il sole e una cioccolata al rifugio, e dopo un paio di discese siamo scesi verso valle. L'emozione della sciata in neve fresca non era ancora passata. Questa volta però abbiamo visto dalla cabinovia che altri ci avevano seguiti e la neve fresca era ormai tracciata da un fitto reticolo di scie. Abbiamo allora seguito la vecchia pista Bucaneve ora dedicata alla simpatica campionessa locale. Si tratta di un tracciato con un dislivello di mille metri che le più brave riescono a percorrere in meno di due minuti. Noi siamo scesi con calma, coi tempi dei bambini.

Questa pista ha una storia singolare, che non tutti conoscono: venne infatti tracciata da una immane valanga nel lontano 1918, l'ultimo anno della Grande Guerra. Abbiamo delle vecchie fotografie in bianco e nero, fatte alla fine degli anni quaranta che mostrano i vecchi tracciati nel bosco e l'unica pista riconoscibilissima. Purtroppo per i mondiali del 2005 è stata ampliata e modellata. Il tratto nel bosco, che un tempo era un vero spettacolo, non ha più quell'alternanza di discese e piccoli piani, tutto è stato uniformato per rendere la pista conforme alle normative internazionali e ai criteri di sicurezza... però si è perso un pezzetto di storia e di poesia.

lunedì, febbraio 04, 2008

Vacanze di Carnevale alle terme

Finalmente è vacanza: solo due giorni di Carnevale, ma due giorni salutari perché non cadono nel fine settimana e finalmente si può andare a sciare senza paura di trovare la ressa. Carnevale romano ovviamente, visto che siamo in diocesi di Como, in una zona che ha in prevalenza turisti milanesi. Partiamo per Santa Caterina per goderci questi giorni di festa.

Le previsioni erano così così, abbastanza ambigue. La realtà ha superato le aspettative, questa volta però in peggio: nevica e c'è una visibilità pessima, voglia di sciare poca. Passiamo la mattinata con la slitta e il bob su e giù dalla strada, bagnandoci e divertendoci come ci si divertiva una volta, ma per il pomeriggio vogliamo proprio godercela. Terme, sì le fantastiche terme dei Bagni Nuovi, al calduccio nell'acqua calda sotto la neve che cade.

E' un'emozione speciale, di quelle che nella vita si provano poche volte. Il bello dei Bagni Nuovi è che ci sono tante vasche e piscine all'aperto per cui con il prato bianco di neve ci si riesce finalmente a rotolarsi e a rituffarsi nell'acqua bollente. E' una cosa che non capita spesso, ma quando capita non bisogna proprio farsela sfuggire.

sabato, febbraio 02, 2008

Contrada Ligari a Sondrio


Ci sono luoghi che ti entrano nel cuore appena li vedi. Per me la contrada Ligari è stato un amore a prima vista. Si tratta di un piccolo paese arrampicato a 1092 metri sul versante retico sopra la frazione di Triangia. La prima volta ci siamo capitati per caso, lo scorso inverno durante le vacanze di Natale più senza neve degli ultimi anni. Era una giornata spettacolare e molto calda e abbiamo fatto una passeggiata verso il monte Rolla: si stava bene con il pail senza giacca a vento. Ritornati nella contrada abbiamo girato tra le stradine e sono stata rapita dalle vecchie case risistemate con amore e da quelle ormai fatiscienti che si affacciano come un balcone panoramico sulla valle.


Ci sono tornata una sera di inizio novembre per vedere i larici multicolori e il tramonto verso il lago di Como. Avevo la macchina fotografica, ma non le pile di riserva purtroppo. Era una domenica sera e pensavo di non trovare nessuno, come l'altra volta, ma arrivata alle case del paese ho sentito odore di castagne e rumore di voci. Sondrio è piccola ed ho incontrato persone che conoscevo. Mi hanno offerto le castagne e del vino. Uno di loro mi ha raccontato di come suo nonno fosse nato lì e come lui da ragazzo cinquant'anni fa ci passasse tutte le estati a pascolare le mucche, mentre la famiglia si era trasferita più a valle nella contrada di Moroni, da cui era più facile raggiungere Sondrio a piedi per studiare.

Oggi ci sono tornata apposta, dopo essermi accertata che le pile della macchina fotografica fossero cariche. La mattina era stata brutta e piovosa, ma nel pomeriggio il cielo si è aperto, lasciando passare tra le nuvole livide raggi di sole lucenti come lance. Sopra gli ottocento metri c'era un velo di neve fresca che all'altezza di Ligari sono diventati cinque centimetri, quel che basta per imbiancare il paesaggio. Anche questa volta non c'era nessuno, solo qualche orma lasciata da qualcuno che forse era venuto a godersi lo spettacolo della natura. Lascio che parlino le immagini.

Castel Grumello

Il fortilizio che guarda da est la città di Sondrio è un raro esempio di castello gemino formato da due distinti manieri: uno con funzione militare e l'altro residenziale. Venne fondato nel 1300 circa da Corrado de Piro ghibellino, che si contrapponeva ai guelfi De Capitani del vicino Castello Masegra.

L'intera costruzione è situata su una collina circondata da mura. Il castello occidentale aveva una funzione residenziale: è infatti ancora possibile scorgervi i ruderi di una sala con camino; il castello orientale invece aveva una funzione militare e difensiva, testimoniata dall'alta torre di vedetta. Tra le due costruzioni è possibile scorgere alcune incisioni rupestri e precisamente delle coppelle attribuite all'età del ferro.

Come gli altri castelli valtellinesi anche Castel Grumello venne smantellato dai Grigioni nel diciassettesimo secolo, andando così in rovina. Nel 1987 la Società Enologica Valtellinese lo ha donato al Fondo Ambiente Italiano, che lo ha restaurato ed aperto al pubblico. Visitare il castello è un'emozione particolare, soprattutto nelle mezze stagioni perché si trova in mezzo a splendidi terrazzamenti di vigne in un luogo sempre soleggiato anche in pieno inverno.

venerdì, febbraio 01, 2008

Museo Castello Masegra a Sondrio

Lo scorso marzo ha aperto il Museo Castello Masegra, dedicato ai tre secoli di dominazione dei Grigioni (1512-1797). Si tratta della prima parte del castello che viene aperta al pubblico ed è ubicato nel corpo orientale, là dove si trovavano le antiche scuderie.

Nella prima sala sono esposti alcuni stemmi gentilizi di famiglie nobili valtellinesi, contrapposti a riproduzioni plexiglass di stemmi di casati grigionesi. Vi si trova anche uno stemma delle Tre Leghe che era stato reimpiegato come tombino. Nella seconda sala vengono rievocati i momenti più drammatici della dominazione, vale a dire il terribile periodo della Guerra dei Trent'anni durante il quale si succedettero eventi drammatici quali il rapimento e l'uccisione di Nicolò Rusca, il Sacro Macello e la Peste Nera portata dal passaggio dei Lanzichenecchi. In questa sala sono infatti esposti croci cimiteriali ed alabarde, a simboleggiare la morte e il mestiere di mercenario (i Grigioni erano famosi per rifornire di mercenari tutti gli eserciti europei); vi si trova inoltre un curioso vetro tedesco andato in frantumi e poi ricostruito, con la scritta "vetro e fortuna vanno spesso in pezzi" e uno stemma del Forte di Fuentes, costuito all'inizio del Seicento dagli Spagnoli a Colico per controllare l'imbocco delle due valli sotto il dominio grigionese. Nell'ultima sala si trova la colonna della berlina, alla quale venivano legati i condannati esposti al pubblico ludibrio, e una testa di San Giovanni Nepomuceno, protettore dei ponti. Anche quest'ultimo pezzo ha una storia curiosa: la statua venne travolta da un'alluvione del Mallero e si salvò solo la testa raccolta da un privato e messa in bella mostra nel suo giardino pensando che fosse quella di Garibaldi.

Il museo è visitabile ogni sabato dalle 10 alle 12 e dalle 14 alle 17. Sono visitabili anche alcune sale del Castello principale che sono state già restaurate ed adibite a spazi espositivi per mostre tematiche.